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Callejon festeggia le 300 presenze a pane e ingratitudine

Redazione

Uno spettacolo tremendo e impietoso quello che è andato in scena ieri allo stadio Stirpe

Cari lettori di CalcioNapoli1926.it benvenuti nuovamente nella rubrica “THE WINNER IS”, quella che ha la scopo di decretare il “vincitore” della partita in base ad una serie di parametri molto variegati quali l’intelligenza, la bravura, il carattere, la tecnica, l’etica ma ci sarà anche spazio, lì quando ci sarà poco da gioire per la satira e l'ironia.

Il Napoli, un po' come da copione, ha sbancato lo Stirpe contro il Frosinone per 2-0. Gli azzurri chiudono la pratica con semplicità: bastano Dries Mertens su punizione che arriva a Diego Armando Maradona e Amin Younes che mostra a Carlo Ancelotti di non voler più essere una riserva.

Il vero "spettacolo" però arriva fuori. E' uno spettacolo però decadente, l'opera si intitola: "L'ingratitudine". La messa in atto è però uno spettacolo impietoso, un vero scempio.

José Maria Callejon si avvicina al settore ospiti dello Stirpe e vuole festeggiare con la propria gente, il proprio popolo la vittoria e soprattutto le 300 presenze.

Succede però l'inverosimile. Il punto più basso della storia della tifoseria azzurra: gli rifiutano la maglia. E come se non bastasse gli urlano: "Meritiamo di più".

Lo spagnolo allora è deluso, se ne va, a testa bassa. E' la delusione più grande della sua carriera calcistica. Il dolore è bruciante. Verrebbe da usare un termine occitano (l'antica lingua parlata nel Sud della Francia del 1200), usato in una poesia del famoso Gugliemo IX d'Aquitania. Il conte di Poitiers scrive all'amata e paragona il suo amore a quello di un biancospino che sta al freddo e al gelo.

Pasero, noto critico e filologo, usa un'autentica congettura per ovviare a quel termine che divide la filologia provenzale. Pasero decide di renderlo con "en creman" il dolore che Guglielmo e il biancospino provano nell'attendere la dama che probabilmente non arriverà mai.

In italiano viene reso con "intirizzendo". L'intirizzire dell'amato, che in questo caso è Callejon: l'azzurro di fronte a un atto simile si fredda, si gela, si iberna ma il dolore è così raggelante che per il troppo freddo brucia. E' un freddo bruciante, è un dolore cocente.

Callejon se ne va col proprio cuore gelato e bruciante, a testa china. Pensa a tutti gli anni dedicati al Napoli, a tutte le maglie che ha sudato. Pensa a questa maglia numero 300 che ha ancora il sudore e il sangue attaccato addosso e se la vede rifiutata di fronte ai suoi occhi.

E compiere questo atto immondo, proprio a chi, come lui, ha corso kilometri e kilometri soltanto per recuperare un pallone o per scattare sul secondo palo pur non essendo servito pare più che ingiusto. Pare un vero e proprio atto di chi non conosce gratitudine.

di Claudia Vivenzio

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