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Diceva lo psicologo americano Abraham Maslow che non ci sta azione dell'uomo che non sia mossa da una motivazione. Certo, ci stanno motivazioni e motivazioni e non tutte sono di livello sopraffino ma sempre motivazioni sono e sempre di bisogni che spingono o trattengono le persone dal fare o non fare qualcosa si tratta. E alla vigilia di Napoli-Zurigo erano in molti a credere che gli azzurri non avessero motivazioni sufficienti per giocare una bella partita.
Dopo la confortevole vittoria dell'andata e il livello non galattico degli avversari, erano in tanti a scommettere su un calo di concentrazione degli azzurri. Che invece, complice l'atmosfera intima del San Paolo e il brivido fornito dalla circostanza tutt'affatto irrilevante di giocare una partita di pallone con un arbitro affetto da cataratta, hanno dato prova di grande carattere e di grande responsabilità. Innanzitutto, per soddisfare il bisogno primario della salute, principalmente dei tifosi e dei compagni di reparto, hanno rimesso Hysaj sulla propria fascia di competenza, la destra.
Poi, per dare seguito alla motivazione della sicurezza personale e cioè quella di non abbuscare dai pochi ma buoni accorsi allo stadio, gli uomini di Ancelotti hanno provveduto con Verdi a mettere dentro il gol della qualificazione in cassaforte. Infine, per assecondare la motivazione dell'autostima e un poco pure quella dell'appartenenza, con Mertens che regala a Ounas il suo unico guizzo creativo per permettergli di firmare, oltre all'assist, pure il gol, gli azzurri onorano la maglia fino al fischio finale. Compreso Milikche costringe il portiere avversario a trasformarsi in Superman per non concedergli un gol. Questo merita Napoli e questo meritavano i napoletani presenti al San Paolo. Così si fa! Il Mattino.
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