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Simone Verdi, attaccante del Bologna, ha rilasciato alcune dichiarazioni al Corriere della Sera:
Simone Verdi, i nomi di Riva, Virdis e Paolo Rossi le dicono qualcosa?
«Sì, che non sono stato l’unico stupido a dire no a una grande… Scherzi a parte, io non ho detto no al Napoli, ho detto sì al mio percorso al Bologna: non potevo andarmene a gennaio dopo tutta la fiducia che ha riposto in me quando venivo dalla retrocessione col Carpi».
Ma il caso è montato comunque.
«Già. E molto più grande del dovuto. Ho dovuto sentire tante falsità, cose brutte persino sulla mia famiglia e sulla mia fidanzata, che avrebbero interferito nella scelta. Poi ho sbagliato anch’io…».
In che senso?
«Avrei dovuto intervenire subito per spiegare e calmare le acque: invece la mia riservatezza, che ritengo un pregio, ha peggiorato la situazione».
E com’era la situazione?
«L’offerta del Napoli poteva cambiare la mia carriera, lo so. Ma, dopo avere giocato già in sei squadre, a 25 anni qui ho trovato per la prima volta la mia casa calcistica. Sento di avere un progetto da condurre fino a giugno».
Poi che succederà?
«Adesso pensiamo al presente, è meglio…».
Molti non le hanno creduto e hanno detto che dietro il no c’erano altri club, cioè i soliti: Inter, Milan, Juve…
«Mi viene da ridere. No, nessuno muoveva i fili. So ragionare da solo».
De Laurentiis ha detto: «Verdi mi ha deluso».
«Forse ho mandato un messaggio sbagliato. Ma sia chiaro: il problema non era Napoli, e non ho mai detto sì per poi cambiare idea».
Sarri l’ha chiamata, vero?
«Sì. Una telefonata amichevole. Ha capito, con molta serenità e sensibilità».
Tipica critica di quei giorni: «A 25 anni non si rinuncia al Napoli con un contratto triplicato».
«Facile sentenziare da fuori... Ora è brutto dirlo, perché tante persone purtroppo non arrivano a fine mese, ma io posso già vivere bene così: il soldo per fortuna non è una priorità, posso decidere in base alla passione».
E poi c’è chi ironizzava: «Ha avuta paura».
«Non è così. L’ambizione di un atleta è sempre giocare con grandi campioni. Ma ripeto: qui sono a casa».
Cambiare tanto fa male?
«In generale mi piace. Ma l’adattamento tecnico a un sistema già avviato non è sempre semplice».
Lei che ruolo preferisce?
«Ne ho fatti tanti: ala, seconda punta, trequartista. Penso di rendere meglio come esterno destro d’attacco che rientra».
Non è che stando fermo ha avuto tempo di pentirsi?
«Neanche per un attimo. Tutto questo casino per poi cambiare idea?»
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