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Di là ci sono le tenebre e Ventura lo sa. Sa bene che lo attendono due notti un po’ da trincea, da teniamoci tutti stretti perché non si sa mai dove potrà sfondare il nemico e che la sua Italia non potrà certo arretrare.
«C’è Jorginho perché in 72 ore tutto può succedere». Il ct dell’Italia, all’interno delle pagine de 'il Mattino', lo descrive quasi come una arma non convenzionale, da usare in caso di necessità (e di emergenza). Ma è chiaro che la convocazione dell’oriundo del Napoli spalanca le porte all’abiura del suo adorato 4-2-4 per un più familiare e confidenziale 5-3-2.
«Noi ai Mondiali ci andremo. Questo lo so io e lo sanno anche i miei ragazzi».
Ventura, però lei aveva detto che per Jorginho non c’era posto nella sua Italia? «Avevo detto che non veniva chiamato perché nel nostro modulo non era previsto il suo ruolo e questo lo penalizzava. Era chiaro che non c’era spazio per lui».
E adesso, cosa è cambiato? «E' cambiato che abbiamo due sfide a distanza di 72 ore l’una dall’altra dove ci giochiamo la qualificazione e quindi ho bisogno di avere a disposizione più scelte e più alternative, magari sapendo di dover fronteggiare qualche emergenza. Vedrete vi stupirò».
Il Jorginho del Napoli farebbe assai comodo alla Nazionale? «Sì, ma ci ha messo un anno e mezzo per raggiungere il livello che ha raggiunto con Sarri. Con noi ha molto meno tempo a disposizione, soltanto due giorni».
Se chiama lui è perché vira al 3-5-2? «Davvero è l’ultima cosa al mondo pensare al modulo con cui giocheremo. A me quello che più importa è come giocheremo, ovvero voglio che si giochi con determinazione, intensità, serenità e consapevolezza della nostra forza».
Addio alla sua ossessione per il 4-2-4? «Ossessione? Non ne ho mai avuta. D’altronde negli ultimi cinque anni ho giocato molto più spesso con il 3-5-2».
Non è che con questa mossa ha voluto allontanare Jorginho dalla tentazione-Brasile? «Non è una mossa politica. Sta giocando bene e ho pensato che fosse giusto che si aggregasse».
Un modo anche per ispirarsi al modello-Napoli? «Purtroppo il Napoli ha solo Insigne e Jorginho come italiani, non c’è un blocco a cui posso fare affidamento come magari era possibile fare una volta. Oggi non ci sono squadre da cui prendere sei o sette calciatori come si poteva fare fino a qualche tempo fa».
La formazione per la gara di andata con la Svezia l’ha già decisa? «Se non l’avessi già in testa dovrei cambiare mestiere».
Ha già parlato con il gruppo? «Sì, e l’ho trovato assai convinto e sicuro di poter conquistare il passaggio al Mondiale. Ma a questo punto, vorrei fare gli scongiuri.».
Se sarà 3-5-2 lei farà a meno di un giocatore che invece appariva come imprescindibile come Insigne? «Non solo Insigne è uno imprescindibile. Lo sono anche gli altri. Se pensassi che Donnarumma potesse decidere lo spareggio giocando attaccante, non avrei dubbi a schierarlo prima punta».
Detto ciò, questo dentro o fuori lei come lo vive? «E' un momento importante per la mia storia ma anche per quella di molti giocatori. Ma io non ho nessun dubbio sul fatto che noi andremo ai Mondiali perché ho visto la convinzione della squadra e sono certo che sarà un traguardo che raggiungeremo».
Milano vi attende con grande entusiasmo per la gara di ritorno? «Non solo i 65 mila che verranno allo stadio, ma è tutto il Paese che noi sentiamo con noi, come sempre in occasioni del genere».
Quanto può migliorare ancora questa Nazionale? «E' stata la sconfitta di Madrid con la Spagna a far cambiare il giudizio sulla mia Italia. Quelle critiche che andavano accettate però ci hanno tolto delle certezze. Prima tutti mi davano del tu, poi d’improvviso si è passati al lei per prendere le distanze (scherza, ndr). Ma adesso ripartiamo da zero, è tutto alle spalle. Siamo compatti perché nessuno ha mai preso in considerazione l’ipotesi di non andare in Russia».
Da che parte sta. Con quelli che dicono meglio vincere e basta o meglio farlo col bel gioco? «A Sarri hanno chiesto se in caso di vittoria dello scudetto smetterebbedi fumare e lui ha risposto che vorrebbe vincere con la sigaretta in bocca. Ecco, in Inghilterra o in Spagna se un allenatore vince senza giocare bene lo esonerano. Da noi è diverso, da noi il risultato è ancora la cosa più importante di tutte». REDAZIONE.
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