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Thuram: “Il razzismo è morte. Il calcio deve fare di più”…

Redazione

Lilian Thuram ha una Fondazione che si occupa di razzismo e certi temi gli stanno molto a cuore. Lei è arrivato in Francia nel 1981 e in Italia nel 1996: come giudica l’evoluzione del razzismo? ‘Le cose migliorano, è...

Lilian Thuram ha una Fondazione che si occupa di razzismo e certi temi gli stanno molto a cuore.

Lei è arrivato in Francia nel 1981 e in Italia nel 1996: come giudica l'evoluzione del razzismo?

'Le cose migliorano, è innegabile. La realtà è che c'è meno razzismo di prima. In Italia mi sono trovato subito molto bene, amo profondamente il vostro Paese e perciò non mi piace la piega che hanno preso le cose. Nel calcio c'è un aspetto fondamentale: allo stadio è sempre una minoranza a manifestarsi in maniera becera. La maggioranza non segue certi comportamenti, e in gran parte dei casi li disapprova. Però la tendenza è sempre quella di dar risalto ai violenti, anche perché gli altri restano in silenzio. Bisogna che le persone positive si facciano sentire, vanno incitate a prendere posizione altrimenti non resta che il rumore dei violenti e finiamo per credere che ci siano solo loro, che quello sia il pensiero dominante e che non si possa far nulla per fermarlo e combatterlo'.

Il calcio dovrebbe fare di più?

'Certamente. È troppo timido, in tanti hanno paura a farsi sentire e a impegnarsi. Invece il movimento dovrebbe sfruttare molto di più l'enorme cassa di risonanza e le proprie capacità di comunicazione. Il calcio è in grado di parlare a tantissime persone. E il discorso razzista va bloccato a tutti i costi perché è estremamente pericoloso: sbocca sempre nella violenza, sempre. È un discorso di morte. Perché è un discorso che dice: ‘Lui non è come noi. Noi siamo migliori. Noi siamo legittimati, lui no'. Ed è facile arrivare a pensare che l'altro possa essere addirittura eliminato. Il calcio non può restare a guardare, a far finta di niente quando il razzismo attecchisce negli stadi'. Inter-Napoli, Ancelotti: "Ai prossimi cori razzisti ci fermeremo noi"

Lei lavora con la Fondazione del Barcellona in programmi di aiuto ai migranti, questione che le sta a cuore come il tema del razzismo: il ponte è immediato.

'Ascolto i politici italiani dichiarare ‘bisogna lasciare i migranti sulle navi': vuol dire che bisogna lasciarli morire. E come possiamo difendere l'idea che si possano lasciar morire delle persone? È di una gravità enorme. E se la si accetta, l'idea che si possano lasciar morire delle persone trasforma chi prende la decisione in assassino. Se si è pronti a far morire delle persone ora considerate lontane poi si sarà pronti a lasciar morire anche persone più vicine. Per questo bisogna essere chiari e non andare in quella direzione. Come si può arrivare a pensare che certe persone siano illegittime in un luogo? Cosa ci può portare a pensare che noi abbiamo dei diritti e altri no? Pensando così ci rinchiudiamo in una gabbia le cui pareti sono nazionalità, pelle e religione. Dobbiamo imparare di nuovo a vedere le altre persone prima di tutto come esseri umani. Perché prima di essere un migrante quella persona è un essere umano, come noi'.

Come si è arrivati a questa situazione?

'Ci sono politici che giocano su questo terreno: che parlano continuamente male dei migranti e instillano la paura nella società perché tutti noi quando abbiamo paura non riflettiamo bene, non pensiamo con calma. Per questo penso che i partiti politici che strumentalizzano le difficoltà di uomini e donne siano pericolosi. Viviamo in una società in cui bisogna proteggere e coltivare la solidarietà: chi è incapace di tendere la mano accetta l'ineguaglianza nella sua stessa società. E accetta che la sua sia una società violenta. Se hai dei politici che attizzano l'odio verso altri esseri umani quello stesso odio si diffonde in altre parti della società, ne diventa parte integrante. Se non accetti l'altro, se sei violento con l'altro per una questione di colore, origine o religione è normale che questa violenza si sviluppi anche in altre parti della società, più vicina alla tua realtà quotidiana. Come il calcio. Bisogna fare grande attenzione perché in un momento dato la violenza ti supera, diventa incontrollabile'.

Recentemente si è posto una domanda: in che mondo viviamo? Che risposta si è dato?

'Viviamo in un mondo assurdo. È come se fossimo tutti su una sola grande barca che ha una falla enorme a poppa, con quelli che sono a prua che pensano che la falla non li riguardi. È assurdo: dovremmo proteggere la barca, che è il mondo nel quale viviamo, perché siamo tutti legati anche se certe persone pensano che non sia così'. Gazzetta.