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Luciano Spalletti arriva a Napoli e, quasi colto da un leggero imbarazzo, è chiamato a salutare i nuovi tifosi. Non è una conferenza stampa, non è un evento ufficiale (uno di quelli che si preparano con dovizia di particolari) eppure Luciano ha più di uno smartphone puntato in faccia. Il neo-tecnico è preso visibilmente alla sprovvista anche perché comprende che queste parole avranno forse un impatto ben maggiore rispetto a quelle più affettate di un evento fissato in calendario. Spalletti, in qualche misura, “conferma se stesso” ed evita le solite banalità di rito. Dice al tifoso "sarò con te", rievocando un coro che ha fatto la storia recente della torcida partenopea.
A giudicare dalle ultime esperienze di Roma e Milano, Spalletti sembra avere una dote particolare. Gian Luca Rossi, stimato cronista di Telelombardia (che segue da oltre vent'anni le vicende di casa-Inter), giura che Luciano sia stato uno dei pochi allenatori degli ultimi anni ad aver perfettamente incarnato l'interismo. Per lui il bene del club nerazzurro veniva prima di tutto. Ricordate il caso della fascia di capitano sottratta "all'indisciplinato" Icardi? Certo, è inutile tornare sull'argomento, il punto non è tanto l'aneddoto in se, ma ciò che rappresenta: Spalletti è un aziendalista atipico, lo è nel senso più autentico del termine. In altre parole, parafrasando le impressioni del collega interista, il committente del toscano non è solo il club, bensì il tifoso.
Passiamo alla sponda giallorossa del Tevere. C'è chi non perdona a Spalletti la querelle con Totti, ma anche qui si apre un capitolo complesso che non può certo essere analizzato sulla scorta di uno sceneggiato televisivo (la serie tv "Speravo de morì prima"). Secondo il parere di chi scrive Francesco Totti è forse il più forte giocatore italiano di tutti i tempi, ma è altrettanto vero che il campione romano non si era reso conto che in quella Roma c'erano talenti di grandissima levatura (del resto i risultati raggiunti da Spalletti non possono che confermare l'assunto). Il 10 avrebbe dovuto accettare quello che spesso e volentieri è un vero e proprio anatema per i calciatori: il fine carriera, l'orrido sipario. Spalletti non ha esitato un secondo ad anteporre il bene della Roma dinanzi a quello del singolo professionista. Signori, è inutile girarci intorno: Mohammed Salah (che poi avrebbe vinto praticamente tutto con il Liverpool) meritava più spazio rispetto al quarantenne pupone.
Proprio al pari di Roma, Napoli è un ambiente complicato. Bisogna placidamente ammettere che da Sarri in poi, lo spogliatoio non è stato gestito in maniera impeccabile. L'ammutinamento post-Salisburgo o i grandi e irrisolti misteri come Napoli-Verona, sono una prova tangibile di tale concetto. Ecco, in un contesto simile, un uomo che non guarda in faccia a nessuno e che promette ai tifosi "di essere al loro fianco" è proprio il tipo umano di cui il Napoli ha bisogno. Al di là delle indiscutibili qualità, Ancelotti prima e Gattuso poi, hanno forse ho commesso l'errore del buon padre di famiglia: quello di amare troppo i loro ragazzi.
Nick Cave, in una canzone capolavoro dal titolo To be by your side (che tradotto vuol dire stare dalla tua parte, o in altre parole... sarò con te) scrive: “Ogni miglio e ogni anno; per ognuno di essi ho versato una lacrima”. Insomma, è giunto il tempo di scrivere un nuovo capitolo: è tempo di “lavorare, lavorare e lavorare ancora...” senza dimenticare - anzi prendendo come sprone - l'orrore, la delusione e le lacrime dell'ultima sciagurata stagione.
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