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I soldi non sono tutto, però aiutano ad avere Ibra: che ha un contratto principesco nel quale non è semplice avventurarsi, senza correre il rischio di smarrirsi sotto una montagna di sterline (12 milioni). Ibra è un mondo che cammina, anzi corre, è una serie di benefit che al Psg comprendevano premi per vittorie (del campionato, eventualmente della Champions, per i gol segnati e per gli assist forniti); Ibra è una convention d’alta finanza, perché intorno a lui muovono interessi – degli sponsor – ed una immagine che spacca il video, mica solo le aree di rigore avversarie, una «ricaduta» anche nell’organizzazione generale di club che con un fuoriclasse del genere sono costrette a cambiare il proprio calendario (soprattutto quello estivo) integrandolo con amichevoli di richiamo e ritiri esotici remunerati come si deve (intorno ai 3 milioni e mezzo per le manifestazioni più recenti tra Australia, Usa e Singapore).
DOPO DIEGO.
Ibra non è quantificabile, se non superficialmente, perché sposta interessi che a Napoli soltanto Maradona – e parliamo di un quarto di secolo fa, di un altro calcio, di altre dinamiche commerciali distanti anni luce dalle politiche del marketing di oggi – non si limitano a moltiplicare la vendita delle magliette ma che alimentano (alimenterebbero) un indotto molto più ampio, coinvolgendo inevitabilmente il «brand» d’una società che con un campione del genere modificherebbe il proprio status. Ibra è uno spot, ma assai fashion, che per un Napoli ormai proiettato in Oriente rappresenterebbe un crack. Ma cambierebbero anche rapporti con gli sponsor (anche quelli tecnici).
ORO COLATO.
Ibrahimovic è una sorta di Re Mida di questo football: è lontanissimo da Messi (che viene annunciato intorno ai 65 milioni di euro) ed anche da Ronaldo (che sembra stazioni al di là dei 50) ed anche da Neymar (che s’«accontenta» di circa quaranta milioni) però anche il soggetto del desiderio della Cina, che ha bussato alla sua porta – cioè quella di Mino Raiola – lasciando intravedere un ingaggio da nababbo, 75 milioni di euro, roba da sistemarci un numero imprecisabile di generazioni. Però Ibrahimovic è assai più di un affare, e lo dicono anche le sue scelte professionali, ispirate da tentazioni, da desideri, da ambizioni, raccolte poi accartocciate per cercare sempre nuove emozioni. Perché a quei livelli, i soldi non sono assolutamente nulla, e comunque con Ibra – inutile dirlo – si vive comunque (anche economicamente) assai meglio. Ibra è (senza ironia, sia chiaro) un pallone d’oro: non glielo hanno mai dato perché (evidentemente ed a modo suo) l’incarna da sé. CdS.
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