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Il Napoli è stato il sogno di quel bambino. O sarebbe meglio scrivere di quello scugnizzo, perché i bambini che nascono nei quartieri popolari di Napoli - che lo vogliano o no - diventano scugnizzi. Armando Izzo è cresciuto sull'asfalto di Scampia, alla periferia di Napoli, ha imparato prestissimo cosa significa assaggiare il duro della vita. È diventato adulto in fretta, quando a dieci anni la perdita del padre lo costrinse a iniziare a badare a sé e ai fratelli. Il Napoli è piano piano diventata la via di uscita, la promessa e la speranza di una vita diversa. Accadde qualche anno dopo, quando su un campetto di periferia si palesò Giuseppe Santoro, che oggi è il team manager del Torino e che all'epoca era il responsabile del settore giovanile del Napoli. Izzo giocava con la scuola calcio Arci Scampia, Santoro vide in quel bambino un'enorme potenzialità. «Avevo deciso di lasciare il calcio per aiutare mia madre, nessuno ci aiutava e sono andato a lavorare - ha raccontato Izzo -. Portavo l'acqua per le case di Scampia, dopo sono tornato a giocare solo perché il Napoli ha insistito chiamandomi più volte».
cinque anni — È stata la sua fortuna. Con il Napoli fu un percorso di crescita continuo dal 2006 al 2011, fino all'incrocio con Mazzarri (quando Izzo era in Primavera) che gli fece assaggiare l'aria della prima squadra. Il club non volle aspettarlo e lo lasciò andare via un po' troppo presto: e, da sogno, il Napoli divenne un rimpianto. Ne ha fatta di strada, e oggi è uno dei difensori più affidabili della Serie A al punto da diventare, in pochi mesi, uno degli idoli della tifoseria del Torino per il temperamento e lo spirito da «tremendista». La famiglia vive in Campania, Napoli è sempre con lui, tatuata sulla pelle, nell'anima, nelle canzoni che canticchia sempre nello spogliatoio. In quel cuore dove nessuno potrà mai portagliela via. Gazzetta.
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