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Il Sarri “versione mediatica” rappresenta la voce fuori dal coro del calcio italiano. Il tecnico in

Redazione

Il Sarri “versione mediatica” rappresenta la voce fuori dal coro del calcio italiano. Il tecnico in tuta che fuma, suda e impreca. Insomma, Sarri ha compreso perfettamente il suo ruolo nel calcio moderno. Alterna i corelli degli...

Il Sarri "versione mediatica" rappresenta la voce fuori dal coro del calcio italiano. Il tecnico in tuta che fuma, suda e impreca. Insomma, Sarri ha compreso perfettamente il suo ruolo nel calcio moderno. Alterna i corelli degli angeli, il favore di Eupalla (grazie, Brera!) e i demoni degli inadatti.

Ma è questo il suo ruolo, ben definito peraltro, che però per certi versi - lo fa apparire tremendamente inserito in quei cliché sociologici che, invero, cerca di fugare.

Sarri il "senza dio" (si fa per dire...) che cerca il sacro, ma rifiuta il credo del calcio all'italiana... il profeta di un gioco tutto nuovo, destinato a lasciare la sua impronta nei libri di storia.

Così si gioca in paradiso, c'è poco da fare. Lo diceva anche Brian Clough, "altro manager orfico", che disincarnò l'utopia del sogno e ne fece urlo di alta grazia nei cieli di Derby e di Nottingham. Anche lui, come Sarri, in totale sovversione con il paradigma tattico del calcio inglese: "Se Dio avesse voluto che giocassimo a calcio tra le nuvole, avrebbe dovuto mettere l'erba lì su", diceva.

Ma torniamo ai fatti di casa Napoli. Dobbiamo ammettere che il Napoli sciorina il miglior calcio d'Europa. Quello che manca è il suggello della vittoria. L'allenatore dice che "questo è il nostro sogno, voi non c'entrate un ca**", ma la verità è un'altra e lui lo sa. C'è una sottile linea di demarcazione tra la vittoria di un campionato e un dignitoso secondo posto.

Se l'ambiente si dimostra all'altezza di un sogno, allora tutto diventa più semplice. Napoli deve collaborare. Basta polemiche, basta harakiri.

Parliamo di uno scudetto che consegnerebbe gli azzurri alla storia del calcio. Un trionfo che andrebbe a riscattare il "totaalvoetbal" che fu prima degli ungheresi Puskas e Vinyei (che tra l'altro vestì la maglia del Napoli dal '51 al '55) e poi degli olandesi Cruijff e Neeskens.

L'impressione è questa: che l'origine del "patto scudetto" siglato, più o meno tacitamente da tutta la squadra, deriva da una precisa convinzione del gruppo.

Se queste trame di gioco, splendidamente ammantate dal tecnico, saranno anche vincenti, allora il Napoli, QUESTO NAPOLI, cambierà il corso della storia del calcio.

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