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San Paolo, dove sono finite le notti magiche? I tre fattori che hanno ‘svuotato’ Fuorigrotta

Redazione

I motivi che hanno generato un continuo assenteismo da parte dei tifosi azzurri al San Paolo

"Chi non crede allo scudetto resti fuori dallo spogliatoio", aveva tuonato Kalidou Koulibaly dopo l'amaro pareggio, ancora a reti bianche, collezionato dal Napoli in occasione della gara contro la Fiorentina.

Sarà stato preso così alla lettera il difensore senegalese che, in uno slancio d'onesta e distanza da ogni ipocrisia, mentre la squadra è rimasta negli spogliatoi, il pubblico del San Paolo si è alzato dai sediolini scoloriti e ha lasciato gli spalti.

Forse non era mai accaduto che i sostenitori del Napoli così in massa e così continuativamente si allontanassero dalla propria squadra del cuore. Sì, ci sono indubbiamenti stati periodi ed epoche di insoddisfazione, manifestata con un triste assenteismo che svuota questo sport della sua anima, ma il San Paolo davvero di rado ha mantenuto la delusione: i sostenitori del Napoli sono stati tali in ogni occasione, ritornando ogni volta a far sentire voce e calore.

Tuttavia, in questa edizione del campionato, si susseguono le partite ma la situazione stenta a ristabilirsi. Contro il Torino a Fuorigrotta si sono presentate poco più di 20.000 anime e sembrerà strano sapere, probabilmente, che non si è trattato del picco negativo di presenze, ma il numero è saltato all'occhio perché ha segnato il prosieguo di una tendenza che ci si augura possa presto giungere al capolinea.

Non è troppo difficile immaginare le motivazioni che hanno generato questo fenomeno e che portano, di settimana in settimana, gli spettatori lontano dal San Paolo.

Considerando innanzitutto la mancata campagna di abbonamenti per questa stagione e la querelle infinita tra società e Comune di Napoli per la ristrutturazione e la gestione dell'impianto, il fatto che lo stadio non sia accogliente sicuramente influisce molto. Il malcontento per una struttura che non si adegua al comfort è aumentato: risulta impensabile che, in epoca contemporanea, l'impianto possa offrire soltanto lo spettacolo calcistico e non una serie di attività collaterali. Ma probabilmente non è nemmeno questa la pretesa del pubblico azzurro: basterebbe uno stadio non fatiscente ma soddisfacente nelle pretese più minime: servizi igienici, sediolini adeguati e posti numerati da rispettare, maxi-schermi.

Indagando tra il pubblico azzurro, tuttavia, non solo questo fattore ha giustificato il diserzione. Da considerare, infatti, ci sono soprattutto due aspetti convergenti.

In primo luogo, i tifosi si sentono lontani dal filo conduttore della politica societaria, a causa delle ultime campagne acquisti. E' indubbiamente vero che il Napoli ha operato nel modo più oculato e intelligente possibile, trattenendo i calciatori che hanno formato e formano l'ossatura della squadra, la quale ha garantito stagioni altisonanti a pochi metri dal cielo tricolore. Però, in particolar modo quest'anno, al cambio tecnico (Ancelotti è subentrato a Sarri, ndr) non è corrisposto un adeguamento della rosa: acquisti di calciatori già affermati, che avrebbero potuto consentire alla squadra di compiere il definitivo salto di qualità, non sono arrivati. L'anno successivo allo scudetto sfiorato, infatti, e l'anno dell'arrivo in Serie A di Cristiano Ronaldo, per il popolo partenopeo, andava gestito diversamente. Non una rifondazione e un progetto volto a valorizzare i giovani, ma la continuazione del "sogno" con innesti che avrebbero permesso più facilmente di tenere il passo della famelica Juventus.

In secondo luogo, poi, la ragione primaria del malcontento: il campionato non offre più stimoli.

Il Napoli, a febbraio, è distante dalla Juventus prima in classifica di 13 punti. Un divario simile non si registrava dall'unica volta in cui c'è stato: stagione 2006/2007, quando l'Inter con 97 punti divenne campione d'Italia e la Roma si fermò seconda a quota 75.

Una distanza incolmabile, a meno di clamorosi e impronosticabili capitomboli da parte dei bianconeri, che rendono anche meno emozionante la sfida del prossimo tre marzo al San Paolo, quando le prime due forze del campionato si sfideranno.

Anche la lotta in zona Champions League, poi, non mette sulle spine i frequentatori del San Paolo, poiché il Napoli sui nerazzurri terzi ha attualmente sette punti di vantaggio.

La sensazione dei tifosi del Napoli non è soltanto che ci sia ormai poco da fare per mutare la situazione in favore della squadra di Ancelotti, bensì che un divario così ampio sia stato "causato" da un campionato, definito dai più, falsato, complici anche le sviste arbitrali o un utilizzo poco adeguato del VAR.

I sostenitori del Napoli credono poco alla bontà del calcio italiano, le cui lacune gestionali e organizzative si manifestano soprattutto in una Serie A poco appassionante e avvincente, al punto che sembra essere una storia scritta prima ancora che si disputi la partita inaugurale della stagione.

Probabilmente se il San Paolo fosse stato rinnovato e se qualche acquisto avesse infiammato la piazza, il terzo punto di malcontento non si sarebbe così apertamente manifestato. E' la convergenza dei tre motivi sopracitati a portare la gente lontano dal San Paolo.

E' soltanto l'Europa League a mantenere viva la fiammella stagionale: vincere un trofeo divenuto così importante negli ultimi anni farebbe un gran bene e accrescerebbe il morale della squadra e dei suoi tifosi.

Tuttavia il cammino stagionale è ancora lungo e Napoli ha sempre fatto del suo pubblico il 12° uomo, un motivo di vanto e un fattore temibile per gli avversari: uno senza l'altro non è valorizzato. Non si è imborghesito il tifo, ha soltanto bisogno che gli sia restituita una scintilla di passione e, senza troppe pretese, soltanto la squadra potrà restituirgliela con la sola arma a disposizione: prestazioni e vittorie. Per tanto tempo sono bastante anche senza trofei, forse non più, ma restano pur sempre l'unico punto da cui ripartire.

di Sabrina Uccello

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