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D’estate, il calcio è un giorno lunghissimo che sembra non terminare. È una partita diversa: non dura 90’ e recupero, bensì settimane e settimane di voci – qualcuno le chiama suggestioni di mercato – e aspettative, alcune attese altre meno, riguardo l’allestimento della squadra per la nuova stagione calcistica. A Napoli, di questi tempi, sarebbe meglio sia per la società che per i tifosi che il campionato iniziasse presto, che l’estate 2022 venisse archiviata in fretta. E che, finalmente, si torni a parlare di calcio giocato.
Dopotutto, un nuovo progetto tecnico è già iniziato. “Strappata” la pagina, a torto o a ragione, con gli addii di Insigne, Mertens, Koulibaly, Ghoulam ed Ospina, Spalletti sta cucendo il suo Napoli a misura del 9, Victor Osimhen. Non è una questione di moduli e di cifre, ma – e bisogna sempre ricordarlo – di principi. Il trasferimento in terra canadese di Insigne, porta con sé la fine simbolica della catena di sinistra, il fulcro del gioco di questo quinquennio azzurro. Un processo comunque già iniziato lo scorso anno, con la capacità di Spalletti di equilibrare ed alternare l’anima associativa delle precedenti gestioni con una più verticale, esaltando le caratteristiche di calciatori propensi ad attaccare e difendere in spazi ampi come Anguissa ed Osimhen.
Nel solco di questo cambiamento, si inseriscono tutti i nuovi acquisti, Olivera, Kvaratskhelia, Kim e Ostingard. Per voce di Giuntoli e dopo le ultime apparizioni in amichevole, sappiamo che Spalletti stia provando come sistema di riferimento l’1-4-3-3. Tale sistema, come tutti gli altri, può avere diverse interpretazioni. Le prime domande da porsi per un’analisi base dell’identità di gioco sono, a mio avviso, le seguenti:
- Che tipo di squadra vogliamo essere? Proattiva o reattiva? In quali occasioni, sarebbe meglio preferire l’una o l’altra?
- Quale ritmo di gioco prediligiamo nelle due fasi (possesso e non possesso) e in transizione?
- A che altezza vogliamo la nostra linea di pressing e pressione?
- Che sistema difensivo adottiamo? Alla perdita del pallone, cosa fare? In quale parte del campo?
Queste sono alcune tra mille domande che esigono risposta, ma che nella fattispecie possiamo evidenziare subito nel nuovo progetto tecnico del Napoli. Degli indizi lasciano presagire che gli azzurri in un sistema scelto di riferimento come il 1-4-3-3 vogliano tentare di dominare il gioco diversamente rispetto al passato: costruzione dal basso più diretta, meno ragionata, ritmo più alto, portando appena possibile anche due mezzali nella zona di rifinitura per ottenere un vantaggio posizionale tra le linee; ri-aggressione ancora più feroce rispetto allo scorso anno alla perdita del pallone col rischio e beneficio che nel difendere in un campo più spezzato e lungo possano esibirsi le qualità muscolari nell’anticipo di giocatori come Kim, ad esempio. Lo stesso Olivera, da terzino sinistro, meno propenso nel legarsi coi compagni, ma più a suo agio nell’attaccare lo spazio in avanti.
Fondamentale sarà riuscire ad isolare in 1v1 gli esterni, come il georgiano Kvara (ottima anche attitudine difensiva la sua), abile nel dribbling e nella conclusione. Difetta, come Osimhen, in certe scelte e letture del gioco, situazioni che solo l’esperienza diretta in campo possono migliorare. Lo stesso dicasi di Lozano, Politano e anche il rientrante dal prestito a Frosinone, Zerbin. Proprio per questo, sarebbe il caso di ottenere dal mercato un esterno diverso per capacità di rifinitura. Rifinitura che sarà responsabilità quest’anno anche di Anguissa, che nelle ultime uscite sembra posizionarsi in fase di possesso più in avanti rispetto al passato.
Mi piacerebbe che fosse data una possibilità in più a Gianluca Gaetano che, a differenza di Elmas, può portare in dote una sensibilità di comprensione del gioco diversa e potrebbe trovare spazio sia da esterno tattico che da mezzala alla Zielinski.
Innescare in modi diversi Osimhen, portandolo quindi a giocare più fronte porta che di spalle, sarà una delle sfide da vincere per Spalletti e lo staff quest’anno. Si può immaginare che avendo a disposizione, nelle varie rotazioni, dei tridenti molto veloci e bravi sia in conduzione che nell’attaccare lo spazio, ma poco adatti ad associarsi tra loro, il Napoli possa difendersi in fase di costruzione e sviluppo avversario con una pressione consolidata sulle linee di passaggio attraverso o ad una disposizione di un 1-4-2-3-1 oppure con un 1-4-4-1-1 in fase di non possesso pronti poi a ripartire, come fa il Milan ad esempio, forte in avanti.
Riguardo la mancanza di leadership con la perdita dei senatori in squadra, bisogna dire che il passaggio di testimone era inevitabile e la formazione di uno spogliatoio, passa soprattutto nella capacità di adattamento al cambiamento. Per tale motivo, sono convinto che Spalletti sarà bravissimo nel trasformare in motivazione queste critiche esterne ambientali, trovando nuove figure carismatiche in rosa (Rrahmani e Lobotka, magari) all’altezza e oltre del proprio valore tecnico.
A cura di Mister Bruno Conte, Allenatore Uefa C
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