Luciano Spalletti, tecnico del Napoli, parla in conferenza stampa da Castel Volturno alla vigilia di Napoli-Lazio, gara valida per la 25esima giornata di Serie A che si giocherà al Maradona domani sera, ore 20:45. Di seguito (sotto all'immagine) le dichiarazioni riportate integralmente.
ultimissime calcio napoli
Spalletti: “Sarri come Masaniello, ma scelgo il mio Napoli! Guai a staccare le mani dal volante”
Spalletti in conferenza
-
LEGGI ANCHE
"Confronto con Sarri? Il mio punto di vista è che di certo ci portiamo dietro una cultura di lavoro che hanno iniziato altri. Un modo di stare in campo che era caratteristico di giocatori che hanno preceduto i nostri... io vedo che Sarri ha delle cose che sono simili a noi. Ci piace andare in tuta a tutti e due (ride, ndr), anzi a me piace portare scarpette anche quando passeggio per strada. Abbiamo la stessa idea di comando del gioco, perché attraverso il possesso palla - molto dibattuto in questi giorni - si va a decidere dove si comanda la partita. Poi ovviamente molto dipende dalle variazioni di ritmo: gli altri vengono a prenderti o no? Se vengono debbono avere delle dimensioni di squadra molto corte e tutti questi discorsi. Sarri è stato un capopopolo, come Masaniello nel rivoluzionare il calcio. Quand'ero in casa senza panchina applaudivo il Napoli di Sarri dal mio divano. La bellezza del calcio è questa, non mi importa se è meglio o se è peggio. Quando ho potuto sono andato a vedere le partite del Napoli di Sarri... sui campi di Castel Volturno ancora ci sono le linee di passaggio che c'erano con Sarri al tempo.
Equilibrio dai tifosi?
"Diventa fondamentale che i nostri tifosi non ci aspettino all'arrivo, ma scendano in campo con noi. Non devono dare retta a quelli che vogliono farci alzare le mani dal volante: ci sono ancora tante curve da affrontare. Io ho sentito anche messaggi di migranti in giro per il mondo che dicevano che si emozionano ogni volta che gioca il Napoli. Per noi questa emozione è fondamentale se ce la fanno sentire vicina, senza andare ad anticipare eventuali discorsi futuri".
Sulle interviste dei tesserati e gli elogi al mister
"Provi pure a intervistare Demme o chi gioca di meno, sarebbe lo stesso. Demme è uno di quelli che meriterebbe di giocare di più perché sa fare il suo lavoro ed è esperto. Per me è sempre facile lavorare con delle persone, con dei ragazzi che hanno qualità e attitudini alla disponibilità a saper ascoltare, avere quella voglia di apprendere qualcosa di più. C'è sempre da migliorare e li ringrazio quando parlano bene di me, sono loro però gli artefici".
Confronto tra il Sarrismo e lo "Spallettismo"
"Il mio manifesto non lo conosco, neanche quello di Sarri perché al massimo lo sa lui. Bisogna sempre avere il coraggio di andare a giocare le partite, ma questo dipende sempre da chi sei, da che calcio vuoi fare, da dove si vuole andare a finire. Si va sempre davanti alle persone: queste sono più stimolate quando vai a presentargli il dominio della partita o solo la rincorsa degli avversari? A me non piace fare un calcio dove stiamo tutti davanti alla difesa. Se una cosa non mi piace non la so interpretare, non la so far piacere agli altri. Io credo che i miei siano contenti di giocare così, e se iniziano a divertirsi c'è sempre lo step successivo. Quando sono arrivato qui, una delle battaglie che ho sempre voluto fare è stata quella di riportare gente allo stadio: proprio per questo mi piace fare qualcosa che susciti emozioni, sensazioni. Il tifoso napoletano è arguto e bisogna che queste qualità le veda sul calcio giocato, per cui si va a fare quella cosa lì e si vede dove si va a finire. Niente ci può turbare se non qualcosa di clamoroso. Sarri è più ordinato di me sul campo, la sua quadratura tattica è riconoscibile anche nella Lazio. Gli si riconosce questa chiusura totale difensiva, scappano tutti insieme e attaccano tutti insieme. Sono un corpo unico. I miei ogni tanto fanno cose diverse: due attaccano e due scappano. Da un punto di vista di praticità non lo so quale sia meglio, a me piace più il mio. A lui bisogna domandarglielo..."
Ha mai sognato lo Scudetto?
"Si gioca tutti per vincere qualcosa, è quello l'obiettivo. Se arrivare più in là possibile è lo Scudetto allora è chiaro che l'obiettivo è quello: poi però esistono altre cose che danno soddisfazione. Da un punto di vista mio, io non sono di quelli che bisogna vincere a tutti i costi e poi fallire l'anno dopo. Mi piace collaborare con la società e fare un discorso più corretto, a lunga gittata. Bisogna cercare di produrre un lavoro che permettesse di arrivare a degli obiettivi comuni un passo per volta".
Con la Lazio all'andata, dopo due pareggi e andando sotto, fu un bivio?
"Secondo me invece la svolta l'hanno data le due gare precedenti, è rimasta la stessa mentalità, hanno creato disponibilità al sacrificio e poi se continui, non essendo a quel livello un giorno ti svegli, riprovi e sei a quel livello lì con la costanza. Succede sempre, altrimenti non avrebbe significato il modo di lavorare".
A chi piacerebbe essere paragonato? Gli Scudetti si perdono davvero in albergo?
"Sulla seconda domanda bisogna parlare con lui, anche se quel risultato lì un po' ha di certo influito sulla corsa. Io prendo sempre me per obiettivo alle cose che non vanno come vorrei, non gli altri. Noi giochiamo le nostre partite e gli altri le loro: per cui è vero che quella partita la stavamo vincendo (Inter-Juve del 2018), è vero che forse le mie sostituzioni hanno determinato ma forse le rifarei, perché eravamo molto sofferenti. Però che io sia il responsabile... io la do a me stesso la responsabilità per quella partita perché abbiamo sbagliato dei gol e degli atteggiamenti sono stato superficiali. Quell'Inter avrebbe potuto fare come il Napoli di Empoli di sabato scorso, ma comunque non sono io il responsabile dello Scudetto perso in albergo. Lo dico per chi interpreta male..."
Pizzico di sentimento di rivalsa verso alcuni suoi detrattori?
"Io non gioco e non alleno e non lavoro su questi pensieri, che possono suscitare rivincite o altro. Io devo tentare di far bene il mio lavoro come dice il presidente. Lavorare bene e basta! Non devo fare altro, perché poi sono i risultati del calcio giocato che fanno la differenza. Pagine Facebook su di me? Li ringrazio sempre, come la pagina "Ma che emozione?". Quando qualcuno parla sempre di te, commenta quello che tu dici dalla mattina alla sera sempre è una roba che ti fa sentire responsabile in positivo, ti sprona. Sapere che i tifosi dell'Inter mi ricordano con piacere mi fa altrettanto piacere, per cui si va a lavorare ancora di più responsabilmente".
C'è chi racconta qualcosa che vuole diminuire il lavoro di questo Napoli, ovvero chi dice che il campionato si sia abbassato di livello...
"È una cosa che non mi trova d'accordo, perché occupo tutto il tempo a pensare a noi, poi in fondo valuteremo se ci sono differenze coi nostri avversari. Da un punto di vista mio domani la partita è un derby di condominio, non ci interessano altre cose. Sicuramente per i risultati questi calciatori stanno facendo delle cose straordinarie, e fino a questo momento vanno fatti i complimenti. Al di là dei risultati, hanno fatto grandi partite, macinando roba, idee, responsabilità, calcio fatto bene. Non è una gara che vinci o una coppa con 3-4 partite, qui è la continuità con cui scendi in campo!"
Sul vantaggio in classifica così netto
"Il +18 non va considerato, noi dobbiamo sempre valutare le partite per essere sempre gli stessi. Tutto è da dentro o fuori, così dobbiamo pensarla. Dobbiamo giocarle tutte allo stesso modo, magari anche in 10 come abbiamo fatto ad Empoli sabato. Il ragionamento è quello di rispettare sempre totalmente l'avversario, considerare che può succedere di tutto. Basta un dettaglio per invertire quello che è. In questo campionato sono già successe delle cose dalle quali prendere spunto affinché non capiti a noi, stando attenti poi a non farle attecchire sui nostri giocatori".
Sui subentranti e su un ciclo vincente dovuto ai tanti punti di distacco
"Può succedere perché ci sono basi buone, un gruppo forte, sano, roba fresca che può esploderti in mano e può durare negli anni. Qui la società è stata brava, Giuntoli bravissimo a sceglierli, individuarli, poi funziona così che tramite i suoi collaboratori tira fuori una serie di nomi poi c'è da vedere se la società te li compra o meno, tenendo conto le possibilità che giustamente un presidente attento ha come riferimenti. Può succedere di aprire un ciclo, ci sono ragazzi fuori che hanno giocato poco ed hanno qualità enorme e che ogni volta che ne scelgo 11 mi piange il cuore, Elmas va fatto giocare, lui non è mai venuto ma se venisse a chiedermi cosa deve fare per giocare io sarei in prigione, non saprei cosa rispondere. C'è Raspadori, il presidente ce l'ha messo a disposizione, sembrava difficile, è arrivato, è il futuro dell'Italia e non l'ho fatto giocare, c'è Gaetano su cui scommetterei con tutti e per cui stravedo, Zerbin che ha disponibilità, Zedadka non l'avete mai visto ma mi avrebbe fatto piacere passare in Coppa per farvelo vedere, perciò mi diede fastidio uscire: un paio di partite avrebbero influenzato il ritmo di recupero della squadra, ma potevo scegliere soltanto 15 in ritiro e lasciare a casa altri, far sentire titolari chi non giocava".
© RIPRODUZIONE RISERVATA