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Nuovo anno, nuovo modo di affrontare la stagione. Sarri ha detto addio e con lui anche molte certezze peculiari della squadra di De Laurentiis che si era vestita del titolo del “bel gioco”. Calcio entusiasmante che ha visto susseguirsi innovazioni e spettacolo, grandi gol e giocate automatiche con azioni infinite, spesso vincenti.
Tra tutte, l’innovazione maggiore è stata lo spostamento di Dries Mertens al centro dell’attacco, come vero centravanti, nonostante la stazza da esterno o seconda punta. Dries, o Ciro si voglia chiamarlo, lì è rinato, ha trovato un nuovo modo di vedere il campo, nuovi movimenti e una voglia maggiore di essere presente, sempre affamato di gol, mai domo. Ha segnato tantissimo in quella posizione, sentiva giorno per giorno la fiducia di Sarri e di tutto il mondo del calcio, è esploso, forse troppo tardi, come vero nove, come la punta di diamante di qualsiasi squadra. Arriva il Mondiale in Russia e Mertens si ritrova a giocare ancora una volta alla vecchia maniera, da esterno, in un attacco che vedeva Lukaku centravanti. Mertens perde un po’ di verve, ormai si è abituato ad essere il punto di riferimento al centro dell’attacco ma gioca discretamente tutta la competizione, per poi tornare a Napoli.
Qui cambia tutto, Milik torna a piena disposizione, Sarri e il sarrismo non ci sono più: c’è Ancelotti con tutti i nuovi dettami tecnico-tattici, ci sono nuove idee da applicare e un nuovo gioco da seguire. E Dries va in confusione. Dei 900 minuti a disposizione fino ad ora in stagione ne disputa la metà, segna solo 2 gol e fornisce un solo assist. Il belga sembra spaesato, non è più il fulcro del gioco napoletano ma resta convinto di far bene, è sfortunato perché non riesce a trovare il gol così facilmente come prima o non ha ancora trovato l’amalgama giusta con Sir Carlo. Vuole tornare ad essere il Mertens che tutti conoscono, quello che aveva “scritto sul corpo” il gioco di Sarri e che ha fatto felice i tifosi partenopei.
Ora c’è ma fa fatica, si è perso in un bicchier d’acqua: nuota per non affogare ma non trova ancora il suo scoglio. Forse fatica addirittura nello stesso bicchiere d’acqua che beveva dopo il gol all’Olimpico.
Di Salvatore Amoroso
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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