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In campo si va certamente in undici e spesso pure in dodici, quando tra i componenti della formazione si considera pure il pubblico dei tifosi presente fisicamente allo stadio o spiritualmente da casa. E ieri sera, dunque, la vittoria del Napoli, rotonda come il tipico dolcino salisburghese, la palla di Mozart, è da ascriversi a dodici persone. Ancelotti escluso, infatti, ieri tutti gli azzurri si sono impegnati al massimo per raggiungere il triplice obiettivo: dimenticare in fretta la sconfitta con la Juve, vincere la partita col Salisburgo e mantenere la porta inviolata in vista del ritorno in terra asburgica. Quindi sarebbe alquanto ingeneroso mettere in evidenza l'accortezza con cui Milik, onde evitare di sbagliare un altro gol o peggio ancora di prendere un altro palo, trovatosi un pallone d'oro sui piedi invece di tirare ha preferito depositarlo direttamente in rete, come se fosse un lingotto d'oro da mettere al sicuro nel caveau di una banca svizzera.
Allo stesso modo, non sarebbe giusto nei confronti dei compagni mettere in risalto il missile terra-aria vibrato così al volo, di prima, con nonchalance, come se fosse un purtuallo, da Fabian. Parimenti, sarebbe irriguardoso nei confronti di Mertens sottolineare come Mario Rui sia riuscito nell'impresa di confezionare un cross perfetto non per lui bensì per un avversario, Onguènè, il quale giustamente, vista la straordinarietà dell'evento, ha pensato comunque di trasformarlo in rete. Sarebbe invece disonesto, ma non per gli altri bensì per tutto il calcio italiano in generale, non accendere i riflettori sulla prestazione di Meret. A ventun anni, dopo il fattaccio dell'espulsione con Ronaldo, qualsiasi ragazzo si sarebbe fatto intimidire o abbattere. Lui no. Habemus portierem! Il Mattino.
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