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Alla fine, il dubbio divertimento di insultare i napoletani è costato zero alle tifoserie. E 35.000 euro totali di multe alle società che rappresentano. Cori di discriminazione razziale intonati dai sostenitori durante gli incontri dell’ultima giornata di campionato, questa l’accusa. Sentenza mite, però: 15.000 euro di ammenda per la Juventus, più una diffida, e 10.000 euro ciascuna per Udinese e Roma. La Sampdoria pagherà 5.000 euro e Atalanta e Bologna 3.000 per lancio di petardi o altro, il Parma 2.000 per cori contro l’arbitro.
Il Napoli non giocava a Torino e non c’entrava con la sfida tra Udinese e Roma, naturalmente. Ma a Udine le due tifoserie si sono rimbalzate il solito ritornello «Vesuvio, lavali col fuoco», mentre gli ultrà della Juventus non hanno avuto bisogno di alleati per canticchiare strofette offensive. A rischiare una squalifica era soprattutto il pubblico della Juve: la curva bianconera aveva già ricevuto una diffida per le stesse riprovevoli manifestazioni. C’erano stati cori del genere prima e durante la partita con il Napoli, alla fine di settembre. Quindi la prospettiva di una chiusura del settore, anche per due giornate, era concreta. La Federcalcio peraltro aveva preso una posizione dura in materia, attraverso le parole del nuovo presidente Gabriele Gravina: «Il ripetersi di cori con evidente riferimento alla discriminazione territoriale negli stadi italiani è un comportamento incivile che va condannato e contrastato con determinazione. Bisogna intensificare i programmi educativi che coinvolgono i tifosi e applicare rigorosamente le norme. In merito ho parlato con il presidente e con il designatore degli arbitri». Per qualche motivo, la linea della severità non è arrivata fino al giudice sportivo.
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