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Lorenzo Insigne è l’unico napoletano della rosa di Carlo Ancelotti, l’unico che sin da piccolo ha potuto conoscere il significato della passione dei tifosi per la squadra azzurra. Giocare nella squadra della propria città è un aspetto double face: da un lato è positivo perché si ha nozione, sono insite, le richieste del popolo, le aspettative dei tifosi e la voglia di rivalsa in un calcio che ha visto pochissime volte il Napoli trionfare. Le ultime vittorie risalgono all’era Benitez, con una Coppa Italia e una Supercoppa Italiana. Poi il vuoto, solo secondi posti, bel gioco, soddisfazioni momentanee ma a fine anno lo sguardo è rivolto sempre alle bacheche degli altri. Dall’altro lato è negativo perché si è caricati di responsabilità troppo grandi per spalle troppo piccole, soprattutto se si diventa l’idolo di buona parte della tifoseria che vede nel ragazzo di Frattamaggiore uno dei talenti più cristallini del calcio italiano e da lui ci si aspetta sempre quel passo in più, che però non è costante, non duraturo.
Insigne ha provato in più occasioni a consacrarsi nel Napoli, nel suo Napoli che lo ha visto nascere e crescere nel mondo del calcio, lo ha portato a vestire la maglia numero 10 della Nazionale Italiana (altre responsabilità troppo grandi, visto il passato) e a mostrarsi al calcio mondiale. Lorenzo, però, non sempre ha saputo essere l’uomo in più della sua squadra, in alcune occasioni è diventato un calciatore normalissimo, di quelli di cui si può fare a meno, di quelli sostituibili e poco importanti. Soprattutto nei momenti topici del campionato, quando si poteva fare quel passo per appaiarsi alla Juventus e combattere per l’Olimpo del calcio italiano e strappare lo scettro alla Vecchia Signora, regina della Serie A da 7 anni che non ha la minima intenzione di abdicare in favore della squadra principe del Sud Italia ma anzi ha la volontà di conquistare anche l’Europa.
SAMPDORIA - E’ la prima partita in cui delude maledettamente le aspettative, così come tutta la squadra. Entra in campo con il piglio sbagliato, non gliene va bene una, può portare la squadra in vantaggio dopo pochi minuti ma la sua conclusione è lenta e scialba, come la sua prestazione. Gioca male come poche altre volte, non trova l’amalgama con il resto della squadra, è fuori contesto e Ancelotti se ne accorge. Al termine dei 45’ va negli spogliatoi per non rientrare più. Il Napoli quella partita la perde, poi, 3-0.
JUVENTUS - All’Allianz Stadium, forse nella partita più importante dell’anno per l’occasione ghiotta di battere la Juventus per il secondo anno consecutivo, è assente ingiustificato. Prima della partita era nato il confronto, poi mostratosi impari e poco consono, con Cristiano Ronaldo, completamente di un altro mondo rispetto al Lorenzo nazionale. Il Napoli sembra poter ripetere l’impresa dell’anno precedente con la testata di Koulibaly grazie al gol di Mertens dopo pochi minuti ma è come se si giocasse in 10 (poi succederà realmente per l’espulsione di Mario Rui) dall’inizio per la poca consistenza di Insigne che proprio nella stagione precedente aveva fatto nascere il gol dello 0-1 del gigante senegalese. A fine partita ammetterà anche di non aver giocato bene, mostrando grande coscienza e consapevolezza.
INTER - L’ultima, orrenda, partita giocata (o forse no) dal ragazzo di Frattamaggiore in cui ha mostrato un’inconsistenza fuori dal suo range, nel momento dell’unico passo falso della Juventus che poteva permettere di accorciare le distanze e riaprire il campionato. Insigne si assenta ancora una volta, decide di non partecipare ai giochi, di scendere in campo ma solo per registrare un’altra presenza. Perché da lui ci si aspetta molto di più in gare del genere e invece no, uno degli uomini simbolo del Napoli è uno dei peggiori in campo. A fine partita, quando l’Inter passa in vantaggio, perde la testa, si innervosisce e decide di farsi espellere per una mezza rissa con Keita. Il Napoli poteva accorciare e si è ritrovato ancora più distante dalla vetta, con l’Inter a mordere le calcagna.
Tre partite pessime corrisposte a tre ko in campionato, le uniche sconfitte del Napoli targato Ancelotti. Non è un caso, dunque, se le prestazioni di Lorenzo influiscano così tanto sugli esiti delle gare dei partenopei. Quando Insigne diventa un fantasma in campo, il Napoli accusa il colpo ed esce sconfitto. Lorenzo Insigne forse è così importante per i partenopei che non regge la pressione nelle gare decisive e anziché prendersi la squadra sulle spalle e portarla alla vittoria, implode e diventa una delle cause delle sconfitte. Spesso, dopo gare in cui ha mostrato tutto il suo talento, si è detto di poter sostituire la sua numero 24 con la 10, indossata da uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi. Il paragone è incredibilmente esagerato perché quel 10 è stato il fautore degli ultimi successi in Serie A del Napoli e forse la 10 non è adatta e non lo sarà mai a un talento continuamente inespresso, molte volte impaurito da situazioni più grandi del suo potenziale.
Di Salvatore Amoroso
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