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Giovanni Di Lorenzo (Photo by Alessandro Sabattini/Getty Images)
Inutile girarci intorno. Giovanni Di Lorenzo è una pedina fondamentale nello scacchiere tattico del Napoli di Spalletti. Lo è sia nella fase di costruzione del gioco (spinge come un forsennato sull'out di destra) che in quella di recupero palla. La sua sanguinosa assenza ha di fatto decretato la fine del sogno scudetto. Uno scudetto che manca da 32 stagioni, uno scudetto mai come quest'anno poteva essere alla portata del collettivo partenopeo. Piccolo rewind: il Napoli ha sempre sofferto le pene dell'inferno sugli esterni bassi, e questa è una lacuna storica.
Una lacuna che per gran parte della stagione è stata tamponata proprio grazie alle prestazioni (e all'eccellente stato di forma) del motorino di Castelnuovo di Garfagnana. Ma affidarsi al solo Di Lorenzo è un po' come voler nascondere la polvere sotto il tappeto. Solo un infortunio traumatico poteva fermare ai box quell'automa che grazie a una predisposizione atletica fuori dal comune, è stato capace di giocare quasi tutte le partite. Eppure, una volta caduto, il Napoli ha definitivamente perso il treno per lo scudetto. A parlare sono i fatti. I gol delle due toscane Empoli e Fiorentina (basta andarseli a rivedere), accendono un enorme riflettore sulle responsabilità di chi è stato chiamato a sostituirlo. Ieri Malcuit, e dispiace dirlo, è stato a dir poco sciagurato.
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