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Hanno accolto ognuno degli undici azzurri con un urlo assai poco gradevole: ‘scimmia’. Così, g

Redazione

Hanno accolto ognuno degli undici azzurri con un urlo assai poco gradevole: ‘scimmia’. Così, giusto come cocktail di benvenuto. Pensate alla scena, con lo speaker che legge la formazione, prende una pausa dopo il nome e...

Hanno accolto ognuno degli undici azzurri con un urlo assai poco gradevole: 'scimmia'. Così, giusto come cocktail di benvenuto. Pensate alla scena, con lo speaker che legge la formazione, prende una pausa dopo il nome e dall'alto del Bentegodi si sente il coro 'scimmia'. Così per undici volte. Più, sia pure a tono dimesso, con Sarri. Non c'entra nulla il colore della pelle, è un coro senza distinzione e che tira in ballo chiunque, basta che sia del Napoli. Con trattamento speciale per Lorenzo Insigne, a cui viene spesso rivolto anche un buu di accompagnamento per ogni sua azione. Ma che volete che sia? Ormai questo stadio è una persecuzione per lui. Insigne non si scompone mai, anzi più lo insultano più i suoi scatti sembrano rapidi, il suo tocco delicato. Non si lascia mai andare, tranne alla fine, quando tradisce il tumulto che ogni volta che vieni qui ha dentro di sè.

E si lascia andare quando quei cori contro di lui non cessano neppure con la partita terminata. E tirano in ballo la mamma. A quel punto si sbatte la mano sul petto, lì dove c'è il cuore, per l'appunto. Una, due, tre volte. Lo stadio fischia. A lui non importa. Lo rifà. Ancora un'altra volta. Più gli ultrà fischiano e più lui ripete il gesto. Fino all'ultimo metro che resta in campo. Come a voler dire: Napoli è nel mio cuore. Tra i migliori in campo, ancora una volta.Forse il migliore. E ancora una volta al Bentegodi, anche se non ha fatto gol. Fischiate pure, tanto Insigne non si fa certo scoraggiare. Il Mattino.