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Doveva essere un interrogatorio, quello di ieri pomeriggio a Roma nella sede della Commissione Antimafia, a palazzo San Macuto. Ma Aurelio De Laurentiis lo ha trasformato in un monologo: passando dal ruolo di testimone a quello di inquisitore.
'Ero a Los Angeles, per impegni con il cinema: ma ho ritenuto giusto accettare questo invito. E' fondamentale creare un rapporto costruttivo tra le componenti che possono fare il bene del calcio: un mondo in cui domina il caos più totale, esiste un grave vuoto giuridico e si avverte la mancanza dello Stato. Spero che si possa fare tabula rasa e ripartire daccapo. Basterebbero un tavolo di sei persone e tre giorni di lavoro. In fondo bisogna parlare di un pallone preso a pedate: mica della bomba atomica', ha preso vigorosamente la parola il presidente azzurro, spiazzando i parlamentari con un'imprevista requisitoria. 'Sono in questo ambiente da 14 anni e tutti ci ritengono un club virtuoso, in campo e fuori. Gli unici rapporti ravvicinati con i tifosi li abbiamo durante il ritiro estivo, sotto il controllo stretto della nostra vigilanza privata. Nello stadio possiamo fare poco, invece. Le leggi non ci danno una mano e per questo sono favorevole al modello inglese: con l'arresto in flagranza di reato'.
Tranciante pure la risposta di De Laurentiis alla provocazione introduttiva di Rosy Bindi, presidente dell'Antimafia. 'Bisogna fare un distinguo tra il caso della Juventus e quello del mondo ultras, che riguarda invece tutte le curve. Se i camorristi vanno a vedere la partita il problema è legislativo. Non possono essere infatti i club a decidere chi può entrare nello stadio e chi no, salvo che non esista un Daspo. I nostri abbonati sono crollati da quando esiste la Tessera del tifoso ed è necessario farsi identificare, per potere sottoscrivere la tessera. Sui biglietti siamo tassativi: nessun cambio di utilizzatore. E 72 ore prima della gara ci facciamo consegnare la lista delle persone autorizzate a stare a bordo campo', ha messo in chiaro il presidente, ostentando serenità sull'indagine della Federcalcio sulle frequentazioni borderline di alcuni azzurri.
'Ho visto le foto sui giornali. I nostri contratti prevedono un modello comportamentale da parte dei calciatori e in passato mi è successo di intervenire duramente, sia pure di rado. Detto ciò, è difficile perfino per me distinguere le persone che si avvicinano per un selfie e sorridono come se fossero grandi amici; figurarsi per dei ragazzi stranieri'. Chiusura sulla violenza e Genny la carogna. 'Al San Paolo non ci sono più incidenti e tocca allo Stato impedire l'ingresso di certi personaggi. Con le leggi attuali noi società siamo impotenti'. Repubblica.
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