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Crosetti: “Il settimo scudetto della Juve il più difficile. Il Napoli ha subito i colpi a distanza”

Redazione

Il giornalista Massimo Crosetti ha scritto un editoriale per la Repubblica

Il giornalista Maurizio Crosetti ha scritto un editoriale per La Repubblica. Ecco l'articolo:

"Il quasisettimo è stato il meno facile, se non proprio il più difficile tra gli scudetti della serie. Quello quasivinto col fiato più corto, con qualche sbavatura di stanchezza e incertezze subito gestite, come quando si raccolgono le briciole cadute sul pavimento per non sporcare. La possibile crisi del settimo anno, che potrebbe comunque portare mamma (Juve) e papà (Allegri) a separarsi, non ha fatto male ai figliuoli, non li ha fatti troppo soffrire, li ha solo spaventati un poco. Tipo, quando Dybala ha sbagliato i rigori contro Atalanta (pareggio) e Lazio (sconfitta in casa), tremori autunnali senza conseguenze. O quando la Samp ne ha segnati tre in mezz’ora a Szczesny, finendo col vincere 3-2 (era novembre) senza però aprire fenditure nel muro. Passaggi di tempo passati alla svelta. Che dovesse essere un’annata speciale si è capito subito, quando proprio alla Juve toccò sperimentare il Var alla prima giornata contro il Cagliari, il 19 agosto (poi, 3-0), rigore fischiato direttamente nel monitor e ancor più direttamente parato da Buffon, con i guantoni protesi verso la nuova epoca dalla quale non si fa ritorno. Non la prese benissimo la Juve, all’inizio. Quell’aggeggio a bordocampo non piaceva a nessuno, proprio Buffon lo definì «un altro sport, come la pallanuoto» ma tutto cambia ed ecco la Juventus desiderare il Var anche in Champions, dopo la beffarda uscita di scena al Bernabeu. Gli snodi del gran viaggio bianconero si fa presto a ricordarli. La vittoria al San Paolo (1 dicembre) con Dybala che manda avanti Higuain, ci pensi lui e lui ci pensa. L’uno a zero alla Roma, con Benatia poi. L’incredibile blindatura, da dicembre a marzo, di una porta che in autunno era apparsa invero un po’ cigolante: oliati cardini e serratura, tutto è tornato a posto. Anche se la sera che le spiega quasi tutte è stata romana (3 marzo), con il gol estremo di Dybala alla Lazio ma soprattutto al Napoli, un colpo a distanza che gli azzurri hanno sofferto in modo indicibile, andando a crollare di lì a pochi attimi contro la Roma in casa dopo le famose 10 vittorie. Quest’anno l’argentino con la faccia da bimbo sarà forse stato meno incisivo, in Europa certamente, ma con quel guizzo elettrico ha messo lo scudetto nell’armadio, anzi ce l’ha lasciato. Per darsi un tono da brivido, o forse per consumare con somma perfidia la massima crudeltà possibile, cioè l’illusione altrui, la Juve ha poi vissuto qualche notte di luna storta in modo che il Napoli si facesse più vicino, più convinto. Ed ecco i pareggi assurdi a Ferrara e Crotone, cose che hanno fatto incavolare Allegri più di Cristiano Ronaldo, ecco soprattutto la sconfitta allo Stadium contro il Napoli: mezzi misfatti bianconeri consumati tutti nel finale, altrimenti che gialli sarebbero? Da Madrid in giù, la tecnica dei finali juventini è qualcosa da insegnare nelle inutili scuole di scrittura che illudono i giovani. Per coerenza, alla Juve non restava che risolvere il campionato ancora così, all’ultimo istante di vita: se era mezza morta nel finale contro il Napoli, nel finale è risorta contro l’Inter. E se il guizzo di Dybala contro la Lazio era rotolato anche nella porta del Napoli, così la capocciata di Higuain a San Siro: è il potere di segnare gol doppi, con un solo tiro che batte due portieri a centinaia di chilometri di distanza. Infatti il Napoli è caduto a Firenze dopo la testata del Pipita contro l’Inter, ed è lì che davvero si è consumato il destino del quasisettimo. Curioso che siano state proprio Fiorentina e Toro a togliere punti al Napoli: l’ennesima prova di quanto la Juventus sappia essere crudele anche per interposto carnefice. Tutto il resto, da Orsato al Napoli in dieci a Firenze (ma l’espulsione di Koulibaly era sacrosanta) pesa molto e conta poco, perché la Juve la sua forza superiore l’ha comunque espressa per nove mesi. Certo, nella sera di Crotone (era il 18 aprile, era un mercoledì, era il 33° turno), l’incrocio dei risultati in folle altalena (Crotone-Juve e Napoli-Udinese) ha prima spalancato, poi quasi annullato e infine ridimensionato il distacco tra le due rivali: in quei minuti tutto si è deciso anche se ancora non lo si poteva sapere. Un corpo a corpo più vero del solito, un duello di cervelli e muscoli, un tiro alla fune ma soprattutto alla fine. E proprio alla fine, il quasiscudetto è un po’ diverso dagli altri mentre la Juve sembra sempre la stessa. Solo un filo più stanca, più logora, più malinconica nell’attesa di dire addio a Buffon e, chissà, ad Allegri che forse a questo punto non sbaglierebbe cercando nuovi orizzonti: l’Inghilterra lo tenta non da ieri, il pensiero di un ottavo scudetto è clamoroso ma un po’ ripetitivo, l’Europa resta un territorio malefico e il gruppo sta invecchiando. Si sente qualche scricchiolio dentro la Juve, un corpo che però è ancora capace di raccogliere i suoi fiori anche in un roveto. E dovendo scegliere un raccoglitore tra i molti, diremmo Douglas Costa, l’acceleratore nucleare delle particelle juventine: l’energia che mancava ai compagni l’ha messa lui che è ancora lì che corre, di sicuro non smette neppure quando arriva a casa, si cambia e guarda cosa c’è nel frigo. Uno scudetto al sugo d’arrosto, probabilmente".