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Bentornato, Rafa… «Ma io non ero mica sparito! Ho scelto di restare a Newcastle, perché volevo riconquistare quella Premier League che avevamo tentato di difendere quando arrivai e trovai una situazione disperata».
Un anno di purgatorio.
«Un anno di calcio, che può dare soddisfazioni ovunque. Ci abbiamo provato, ci siamo riusciti. Avevamo il peso di una responsabilità enorme, e la sentivo pure io che qui mi sono ritrovato eletto a idolo».
Il St James’ Park è innamorato di Benitez, l’hanno convinta a restare dopo la retrocessione e vorrebbero restasse anche adesso.
«Ho ricevuto una accoglienza meravigliosa, che ha toccato le corde emotive. S’è creata empatia, immediatamente. E questo successo è un regalo per tutta Newcastle».
Rispetto a quando è andato via, è cambiato poco, anzi niente. La Juventus è ancora in testa.
«E non è un caso. E’ una società all’avanguardia, che ha anche potere economico. Sono in condizione di spendere, e l’hanno fatto acquistando Higuain, Pjanic, Benatia e anche giovani di valore. Si sono irrobustiti e hanno sottratto alle principali concorrenti giocatori rappresentativi».
E’ una monarchia assoluta.
«Che può durare ancora un po’, perché le distanze con Roma e Napoli sono ancora nette, favorite anche da un bilancio che aiuta a fare la differenza. Ma il gap si può colmare, però serve tempo e anche qualche idea.
Avere tanti soldi è un privilegio, ma saper programmare è un valore aggiunto che può avvicinare. Non è certo un caso che anche stavolta Napoli e Roma si stiano giocando secondo e terzo posto, anche questi sono segnali. Vuol dire che sono dietro alla Juventus, ma davanti a tutte le altre. E di parecchio».
Parlava, ai suoi tempi napoletani, di business plan.
«Lo facevo anche all’Inter: i progetti si possono costruire anche senza essere necessariamente i più facoltosi, e noi a Napoli qualcosa di nostro abbiamo dimostrato.
E’ stata rifatta una squadra, attraverso la cessione di Cavani e altri investimenti mirati, che durano ancora. Sono fiero di vedere Reina, Callejon, Mertens, Koulibaly, Ghoulam, Jorginho e Albiol rappresentare l’ossatura».
Del suo semestre interista parla con rimpianto. Finì male.
«Ma non per colpa mia, che comunque ho contribuito ad aggiungere, nella bacheca, una Supercoppa Italiana e una Coppa Intercontinentale. Stiamo parlando di una grande società, che farà bene e ne sarò felice, perché lì ho lasciato tanti amici».
A Napoli c’è stato per un biennio. E’ stato un periodo contraddittorio.
«Io dico che si sono gettate le basi per un cambiamento che sta durando. Il livello dell’organico ha acquisito un sapore internazionale, era quello di cui si aveva bisogno; e poi, non vorrei che passassero in secondo piano i successi, la conquista della coppa Italia con la Fiorentina, quella della Supercoppa contro la Juventus.
Se vi sembrano dettagli… A me sembrano successi di rilievo, ottenuti peraltro, nel caso della finale di Doha, contro quella che viene ritenuta un’avversaria imbattibile».
Con De Laurentiis andò meglio che con Moratti, sembra di capire.
«Abbiamo fatto quello che si poteva: non è un difetto avere una disponibilità economica inferiore ad altri club. Ma De Laurentiis è stato bravo a portare il Napoli a essere stabilmente tra le grandi.
Se c’è anche qualcosa di mio nella squadra allestita, e penso ci sia, ne sono orgoglioso. Poi è arrivato un momento in cui le strade dovevano dividersi, avevamo visioni diverse sulla gestione, sulla politica societaria. Ma l’abbiamo fatto con rispetto assoluto, l’uno dell’altro».
Segue il Napoli, comunque…
«Quando è possibile e con la simpatia che merita una città meravigliosa che ha un pubblico fantastico. Mi piace il Napoli di Sarri, gioca un bel calcio, segna tanto e diverte. Gli auguro anche di vincere, è il prossimo passaggio».
La Champions entra nel vivo: il suo Real nel derby con l’Atletico, la Juventus con il Monaco.
«Mai fatto pronostici, non mi appartengono. Però quando sei lì, in semifinale, devi crederci. La Juventus ha la statura per pensare di potercela fare. Ma sono tutte forti, le quattro».
Il Real cosa le ha lasciato?
«Mi faccia sorvolare».
Se dovesse tornare in Italia in vacanza, dove andrebbe: Milano o Napoli?
«Il calore di Napoli mi ha scaldato».
E in panchina?
«Non posso programmare, non è nelle mie abitudini. Vado dove c’è la possibilità di incidere, di creare qualcosa che sia anche mio». Si può dire che, sei anni fa, fu vicino alla Juventus? «Lo ha detto lei». Corriere Dello Sport.
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