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BENEVENTO. Nei bar del Rione Libertà, il cuore pulsante della tifoseria giallorossa, le spasmodiche

Redazione

BENEVENTO. Nei bar del Rione Libertà, il cuore pulsante della tifoseria giallorossa, le spasmodiche emozioni della vigilia si sono attorcigliate sull’esile filo dell’equilibrio: identico a quello che si prevede in campo stasera...

BENEVENTO. Nei bar del Rione Libertà, il cuore pulsante della tifoseria giallorossa, le spasmodiche emozioni della vigilia si sono attorcigliate sull'esile filo dell'equilibrio: identico a quello che si prevede in campo stasera (20.30) allo stadio Vigorito, dove il Benevento ospita il Carpi nella partita che può valere la serie A. E' una roba mai vista, nei quasi 88 anni d'agrodolce storia della società sannita: neopromossa in B e dunque a un passo dal paradisiaco salto doppio, che trasformerebbe in una dolcissima realtà il più folle dei sogni.

La città non sta nella pelle: giocoforza già si favoleggia dell'arrivo della Juventus, dell'Inter, del Milan e anche del Napoli, che da queste parti è e resterà comunque più di una seconda squadra. "Sarà un derby senza tensioni, metà del nostro cuore è azzurro ". Ma in mezzo c'è ancora una sfida da vincere ed eventualmente pure da pareggiare, dopo il prezioso 0-0 portato via nella finale d'andata in Romagna dalla formazione di Marco Baroni. Il traguardo è lì, insomma, a portata di mano: però deve essere ancora superato. "Quando si arriva tanto vicini al cielo - ammonisce il sindaco Clemente Mastella - bisogna ricordarsi che le possibilità di toccarlo con un dito sono purtroppo uguali a quelle di cadere ".

Ecco perchè si impone pure una robusta dose di scaramanzia: utilizzata come unico paravento per nascondere i preparativi della festa. I fuochi d'artificio sono già pronti: come le magliette celebrative, i manifesti a lutto che annunciano la dipartita del Carpi ("Niente di personale, ma loro in serie A ci sono stati: adesso è il nostro turno", è il leit motiv davanti al popolare Club Shangai). Si vocifera di uno striscione da appendere all'ingresso del cimitero, uguale nei contenuti a quello che fu esposto a Napoli in occasione del primo scudetto. "Che vi siete persi". Benevento è imbandierata e il presidente Oreste Vigorito si sta avvicinando alla sfida della vita senza fare alcun voto. "Di sacrifici ne abbiamo fatti tanti, ora è il momento di passare dalla semina al raccolto: questa possibilità ce la siamo meritata", racconta il numero uno del club giallorosso, che nel marzo del 2006 ne rilevò le azioni da una cordata biellese, senza (si narra) volerne leggere i conti. Finale play off per la serie A, ultimi ritocchi allo stadio "Ciro Vigorito" di Benevento Condividi "Altrimenti la squadra non la avrebbe mai comprata: questo è sicuro", sorride don Nicola De Blasio, nel suo doppio ruolo di parroco della chiesa di San Modesto (molto impegnata nel sociale) e di padre spirituale dei giocatori. "Da me sono di casa, capitan Lucioni e compagni: vengono a messa ogni volta che possono. E io, ora, se le cose vanno come devono, suonerò le campane a festa fino a notte fonda: perchè sono tifoso e perchè il calcio può aiutare la città a superare un periodo difficile, facendo da volano pure per la nostra economia ". Le ferite dell'alluvione del 2015 sono ancora aperte e la ripresa si sta rivelando più labo- riosa del previsto. Dal calcio può arrivare dunque pure un segnale di riscatto, che andrebbe ben al di là dell'aspetto esclusivamente sportivo. A Benevento, del resto, la famiglia Vigorito (originaria di Ercolano) si era avvicinata proprio per il business: nel settore delle pale eoliche. Il pallone era stato un colpo di fulmine successivo: conseguenza della passione di Ciro Vigorito (a cui è stato intitolato lo stadio, dopo la sua prematura scomparsa), il fratello dell'attuale presidente.

Il nuovo club è rinato dal nulla 11 anni fa, ripartendo dalla C2 grazie al "lodo Petrucci" dopo il fallimento dello Sporting Club. Da lì è cominciata l'ascesa, che pareva essere giunta al culmine con la promozione in serie B. Invece il bello sta arrivando adesso, in un crescendo di emozioni e vittorie che ha trascinato i giallorossi alla notte dei sogni. I 15464 posti dello stadio Vigorito, che un tempo si chiamava Santa Colomba, non bastano per contenere l'entusiasmo dell'intera città e dei suoi oltre 60 mila abitanti. In molti sono rimasti senza biglietto e l'amarezza di chi vagava inutilmente davanti ai botteghini, nell'allegra e lunga giornata di ieri, è stata l'unica nota stonata della spasmodica vigilia giallorossa.

Benevento somiglia a una polveriera e conta le ore per esplodere. Saggia la scelta della società, che dopo la seduta di rifinitura a porte chiuse ha spedito la squadra in ritiro fuori città, a Venticano. Tutti in silenzio: dai giocatori al pragmatico tecnico Baroni, toscano, ex difensore, che nel calcio aveva già fatto fortuna in Campania con la maglia del Napoli, segnando il gol decisivo per il secondo scudetto. La promozione in serie A, alla guida dei giallorossi, sarebbe per lui un'impresa almeno della stessa portata. Gli manca solamente l'ultimo sforzo, dopo un campionato in continua ascesa e gli exploit nei play off, con Spezia e Perugia. Con il Carpi mancheranno gli squalificati Falco e Melara e rimane in dubbio Ciciretti. Ma i rientri di Puscas e Ceravolo sono il trampolino di lancio verso una partita da giocare all'attacco: anche se può bastare un pareggio. Gli "stregoni" non usano fare calcoli, però: molto meglio un rito propiziatorio, tra scaramanzia e ottimismo. In 90' è concentrata un'attesa di 88 anni. E' il momento di riscrivere la storia. Repubblica.