Da tre anni provo a fare una norma di civiltà che dice che i gruppi sportivi militari della difesa ed anche dell’interno abbiano rappresentanza nel Consiglio del CONI e nella Giunta del CONI. Attualmente non sono rappresentati, ma sono coloro che portano oltre il 40% delle medaglie olimpiche. Quando tra pochi giorni li vedremo vincere medaglie, ricordatevi che sono persone che non hanno legittimità all’interno del CONI. Ne ho fatto una battaglia di principio e la porterò avanti fino alla fine.
La stessa battaglia l’ho fatta sulla Lega di Serie A e sulla Federazione ed intendo continuare. Aspetto che si raggiunga un accordo e se così non dovesse essere si interverrà diversamente. Per adesso è giusto che le parti cerchino un accordo. Se non ci sarà l’accordo, c’è un disegno di legge con carattere d’urgenza (quindi non un decreto) che a quel punto il Ministro dello Sport definirà entro qualche settimana per colmare quello che altri evidentemente non vogliono fare. Si andrà nella direzione di una riforma vera e strutturale del calcio, che, sottolineo, non è fatta sulle persone, perché a me di Gravina, con tutto il rispetto, interessa poco.
Mi interessa che il calcio italiano, i giovani, i vivai vengano valorizzati e messi in condizione di poter un domani dare un apporto. Con chi devi agire, se non con le società che governano il professionismo calcistico? Non è legato alle elezioni, perché se guardiamo le elezioni abbiamo il respiro corto. Il progetto riformatorio del calcio è un disegno di legge con carattere d’urgenza che recepirà quelle indicazioni contenute nell’emendamento e le elaborerà alla ricerca di una mediazione. Se la mediazione non ci sarà, si andrà avanti secondo il cammino parlamentare e quindi si discuterà in Parlamento e si arriverà ad una riforma.
Il Governo è pronto ad intervenire sulla FIGC nel caso. Se questo calcio e questa Federazione non sono in grado di autorigenerarsi e autoriformarsi, qualcuno lo sporco lavoro lo deve fare. Adesso si ha il tempo di ragionare, senza che ci siano bracci di ferro o imposizioni da una parte o dall’altra. Ma se la partenza è che nulla si può toccare, allora qualcun altro dovrà governare il cambiamento. E questo qualcuno è il Parlamento. I tempi sono stretti, ma non perché traballa la poltrona di Gravina. Partiamo dal basso: dalla valorizzazione dei vivai, dei giovani e poi arriviamo ai consiglieri e facciamo una riforma. Ma se non c’è questa consapevolezza da parte di chi dovrebbe essere motore di questo cambiamento, allora dovrà farlo qualcun altro».
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