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serie a
Ieri Arek Milik è tornato a spendere parole al miele per la sua adorata Juventus, un approdo che il calciatore ha desiderato per diversi anni. Corrispondenze amorose e occhi dolci che non ha mai riservato al Napoli, pur essendo il Napoli la squadra che, più di ogni altra, gli ha dato la possibilità di lanciarsi nel grande calcio. "La maglia della Juventus mi sta bene. Ha bei colori e buoni sponsor... A parte tutto, sognavo di essere in un club così sin da bambino. Avrei potuto essere bianconero già qualche anno fa, ma Napoli e Juve non trovarono l'accordo". Questa la sua ultima uscita, l'ultima di una lunga serie.
In altre parole Milik ha candidamente ammesso che sognava gli odiati rivali anche nel periodo in cui vestiva i colori del club partenopeo. Sgomberiamo il campo dagli equivoci con una breve ma essenziale retrospettiva: qui nessuno sta rimpiangendo Milik anche perché Milik non è mai stato il sostituto di Higuaìn che il Napoli attendeva. Per non parlare di un certo Edinson Cavani che segnò la storia azzurra con 104 gol in sole tre stagioni (in questo caso il confronto è addirittura inclemente). Il motivo è molto semplice e va ben oltre le deficienze tecniche di un attaccante che, per quanto apprezzabile, non potrà mai raggiungere certe vette: è impressionante la cronistoria degli infortuni di Milik nel suo quadrienno napoletano.
Una triste vicenda che inizia il 9 ottobre del 2016, quando Arek si ruppe il legamento crociato del ginocchio, l'infortunio principale della sua esperienza sotto il Vesuvio. Ma non è mica il solo? Con il Napoli Milik ha patito un altro drammatico infortunio al ginocchio datato 23 settembre 2017, un infortunio all'inguine nel 2019 e poi ancora un altro infortunio muscolare nel 2019.
Chiudiamo in bellezza con un'infiammazione al ginocchio nel 2020 prima di finire fuori rosa per le ben note vicende contrattuali. In totale, secondo i nostri calcoli, Arek è stato lontano dal campo di gioco per circa 351 giorni, vale a dire più di un anno di lavoro (senza considerare il tempo necessario per rientrare in forma ed essere concretamente utile alla causa). Ora, per carità, non è colpa sua se si è infortunato, ma nel corso di tutto questo tempo avrebbe potuto spendere qualche parola in più - oltre al trascurabile video di commiato sui social - per la squadra che lo ha lanciato e che gli ha pagato lo stipendio di un anno solo per farlo curare al meglio.
A cura di Giovanni Ibello
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