R. «Il calcio è patrimonio del Paese ed evidentemente necessita dell’aiuto costante e consistente delle Forze dell’ordine per riuscire a liberare le curve dai malavitosi. Le squadre, per proprio conto, dopo aver sostenuto ingenti costi per installare i tornelli di accesso, per adeguarsi alle normative sul biglietto nominativo e aver pagato direttamente il servizio steward dentro lo stadio sono disposte a investire ancora per dotare tutti gli stadi di Serie A di impianti di riconoscimento facciale e telecamere in alta definizione che possano garantire, in caso di episodi violenti, atti di discriminazione o di razzismo, di mettere a disposizione delle Forze dell’ordine post gara le immagini e i dati identificativi dei responsabili. In un tempo ragionevolmente breve saremo quindi in grado di impedire a questi soggetti criminali di tornare a delinquere negli stadi, consentendo di accogliere le famiglie e la parte sana del tifo che già negli ultimi anni è tornata a far crescere il numero degli spettatori, nonostante i nostri impianti abbiano un’età media vicina ai 70 anni. Dovendo usare uno slogan potremmo dire che in Italia abbiamo bisogno sia della riforma Thatcher (Public Order Act 1986), per estirpare la parte criminale del tifo, sia del “Rapporto Taylor” per responsabilizzare i nostri Club spingendoli ad ammodernare gli stadi con strumenti innovativi che consentano di “espellere” chirurgicamente i violenti».
D. Dopo l’incontro tra il ministro dello Sport Abodi e quello degli Interni Piantedosi sulla violenza nel calcio, si va verso un gruppo di lavoro tra i due ministeri. Quali iniziative si sente di consigliare?
R. «Ben vengano, come ha detto il Ministro Abodi, l’inasprimento del Daspo o i fermi più lunghi per i violenti nel giorno delle partite. Bene anche l’introduzione del gruppo di lavoro tra i due Ministeri con il coinvolgimento della FIGC e delle Leghe. Bisogna unire le forze con un attento lavoro di coordinamento e grande sinergia tra tutti gli attori coinvolti. L’iniziativa di più facile e immediata attuazione, come dico da anni, è senza dubbio quella del riconoscimento facciale. Penso che al giorno d’oggi dovremmo riuscire ad utilizzare sempre più l’intelligenza artificiale e la tecnologia per controllare al meglio tutto ciò che avviene all’interno dei nostri impianti».
D. L’idea sui cui la Lega Serie A sta spingendo ormai da tempo è appunto quella del riconoscimento facciale negli stadi. A che punto è la fase di sviluppo della tecnologia? Ci sono tempistiche per vederla utilizzata?
R. «Entro un anno dall’inizio dei lavori tutti gli stadi di Serie A saranno pronti per l’implementazione del riconoscimento facciale da effettuare ai varchi di ingresso. Il progetto è stato studiato in ogni dettaglio ed è già pronto per essere realizzato».
D. Con l’introduzione di questa tecnologia, potrebbe così sparire la responsabilità oggettiva dei Club (anche in termini di multe dal giudice sportivo) per quanto avviene negli stadi?
R. «Certamente, basta utilizzare l’articolo 7 del Codice di Giustizia Sportiva inserendo gli investimenti per il riconoscimento facciale tra le scriminanti previste per evitare la responsabilità oggettiva. Questo genererebbe evidenti ripercussioni positive evitando sanzioni pecuniarie e gravi danni di immagine anche a livello internazionale. Inoltre la parte sana del tifo, che è bene ricordare rappresenta ancora la stragrande maggioranza, non sarebbe costretta a subire le colpe di facinorosi come avvenuto per la recente partita a porte chiuse Genoa – Juventus, in cui si è impedito di andare allo stadio a oltre 30mila tifosi per gli scontri con le Forze dell’ordine avvenuti lontano da Marassi nella settimana precedente alla gara».
D. Oltre al riconoscimento facciale, su quali altri punti può intervenire il calcio?
R. «Ritengo che il riconoscimento facciale sia l’ultimo tassello di un percorso iniziato col Decreto Pisanu diversi anni fa. Sono stati fatti passi importanti come la nascita dell’Osservatorio Nazionale sulle manifestazioni sportive, l’introduzione dei biglietti nominativi, dei tornelli e della tessera del tifoso. Le Società hanno sempre fatto la loro parte per liberare gli stadi dalle frange violente. Servono anche impianti moderni per consegnarli alle famiglie, che devono considerarli come la propria seconda casa dove poter vivere la gara nella massima serenità».
D. La Liga spagnola si è schierata apertamente con denunce penali contro gli ultras: può essere una strada?
R. «La Lega Serie A ha sempre condannato e stigmatizzato qualsiasi episodio di violenza ed intimidazione compiuto da facinorosi che hanno sfruttato il calcio come cassa di risonanza per i propri scopi ed attività illecite. Continueremo a farlo perché non possiamo tollerare che pochi gruppi di sedicenti tifosi entrino a casa nostra a farla da padroni. Tra l’altro, per questo motivo, durante le dirette TV delle gare certe immagini degli spalti non possono essere mandate in onda in diretta in ossequio alle disposizioni di FIFA e UEFA in materia. Anche le Società si sono sempre battute, in questi anni ci sono stati numerosi esempi di Club che si sono costituiti come parte civile contro chi ha creato problemi allo stadio e diversi sono i casi di applicazione dello strumento del non gradimento verso tifosi che si sono macchiati di vari reati».
D. Crede che il tifo organizzato sia destinato a cambiare o a sparire dopo questa indagine o c’è il rischio che dopo un periodo di “quiete” tutto torni come prima?
R. «Il tifo organizzato di per sé non ha un’accezione negativa, anzi in Italia esistono centinaia di associazioni di tifosi che vanno allo stadio comportandosi in modo fantastico. La speranza è che l’indagine e gli arresti compiuti a Milano rappresentino davvero un punto di inizio di una nuova fase per rendere gli stadi a misura di famiglie e pieni di tifosi civili».
D. Capitolo pirateria. Si sta facendo molto per limitare il fenomeno: come rispondete a chi parla di timori per le attività lecite? Pensate che quelle messe in campo siano la soluzione definitiva al problema della pirateria?
R. «L’eterna battaglia tra guardie e ladri vive di mosse e contromosse. I timori per le attività lecite sono un falso problema perché chi si muove nella legalità non ha nulla da temere. E così devono fare le piattaforme e i motori di ricerca, non possiamo pensare che in occasione di ogni partita si trovino facilmente online indirizzi per vedere illegalmente gli incontri. Gli ultimi sviluppi della piattaforma Piracy Shield ci confortano poiché consentiranno alle Forze dell’ordine di individuare il singolo utente e, soprattutto, di sanzionarlo per il reato che commette a danno di tutto il sistema».
D. Il campo di azione contro la pirateria si è allargato e vede coinvolti non solo i pirati, ma anche le telco e anche le piattaforme che agevolano i pagamenti. Quale sarà la prossima mossa?
R. «Le Telco stanno finalmente collaborando al funzionamento della piattaforma Piracy Shield che l’AGCom sta gestendo con equilibrio e fermezza. Dopo l’individuazione di centrali non autorizzate di smistamento dei segnali e dei relativi utenti fruitori, il prossimo passaggio sarà il blocco delle VPN usate per consumare illegalmente i contenuti e il tracciamento dei sistemi di pagamento utilizzati da chi commette questo tipo di reati. La rete è un filo di Arianna digitale, dove si lasciano tracce indelebili che aiuteranno le Forze dell’ordine a risalire a tutti coloro che vedono le partite di calcio, film o serie TV senza sottoscrivere un abbonamento».
D. Il fenomeno pirateria, impatta anche sul valore dei diritti televisivi. Per il ciclo 2024-2029 sono arrivati 900 milioni da Sky e DAZN, ma con il meccanismo di revenue sharing (che prevede la divisione tra la Lega e DAZN dei ricavi da abbonamenti eccedenti i 750 milioni) la cifra può crescere ancora. Manca ancora molto per raggiungere il traguardo di spartizione?
R. «L’obiettivo del superamento della soglia per ottenere il revenue sharing è raggiungibile. Siamo, infatti, fiduciosi che la costante repressione del fenomeno della pirateria possa attivare il processo di conversione ovvero recuperare le tante pecorelle smarrite. Il revenue sharing è un meccanismo studiato proprio per lavorare in sinergia con il nostro partner DAZN al fine di ottenere, nell’arco temporale della cessione dei diritti audiovisivi, un beneficio ulteriore».
D. È soddisfatto di come viene trattato il “prodotto” Serie A televisivamente?
R. «Dal punto di vista tecnico lo storico gap nella digitalizzazione del nostro Paese è stato superato solo quando si è reso necessario sviluppare l’infrastruttura di rete per permettere la visione fluida del prodotto live delle gare di Serie A. Dal punto di vista editoriale ciascun licenziatario racconta la Serie A secondo il proprio DNA. Come è giusto che sia come Lega vorremmo sempre più investimenti nel prodotto TV da parte dei broadcaster perché i nostri tifosi possano godere di un prodotto sempre più accattivante. Per questo motivo la Lega ha deciso di sperimentare nuovi paradigmi di racconto delle nostre competizioni, attraverso la nascita di Radio TV Serie A con RDS. Siamo partiti da un canale che può essere ascoltato 18 ore al giorno via radio in auto o via web, per trasformarla poi in una TV vista gratuitamente su DAZN e sui nostri siti e app. Con noi, oramai, lavorano grandi telecronisti, importanti giornalisti e famosi opinionisti. È migliorata notevolmente anche la qualità delle riprese delle partite grazie alle camere in Super HD, ottiche cinematografiche, replay in super slow motion, grafiche impattanti e tanti dati posizionali e prestazionali che stimolano curiosità e capacità di analisi della gara».
D. Per le pay-tv non mancano tuttavia le difficoltà economiche e le offerte alle leghe per i diritti hanno raggiunto un tetto. Considerando il peso economico in termini di ricavi per i Club, su quali opzioni devono puntare le leghe?
R. «Il mercato dei diritti tv del calcio sta affrontando un momento generalizzato di saturazione e razionalizzazione a livello internazionale. Ne sono prova il fatto che la Premier League, per mantenere i propri valori, abbia dovuto offrire il 20% in più di partite, o le difficoltà riscontrate perfino dalla FIFA per la vendita del Mondiale per Club della prossima estate. Restiamo positivi perché nel lungo periodo potranno entrare sul mercato altri attori e nuove tecnologie. Siamo ormai in un’epoca in cui gli scenari mutano di continuo, per cui come Lega Serie A abbiamo iniziato un processo di internalizzazione di determinate competenze per iniziare a studiare nuove opportunità che possano catturare l’attenzione delle future generazioni di tifosi».
D. Il nuovo Mondiale per Club della FIFA sta facendo discutere, tra quello che sembra un ritardo organizzativo, la presunta difficoltà nel raccogliere le risorse economiche necessarie e lo scontro sull’affollamento del calendario. Voi avete fatto causa tramite le Leghe Europee su questo fronte, vi augurate qualche cambiamento nella programmazione? Qual è il rischio per i campionati nazionali?
R. «La prima riflessione da fare è che la Lega Serie A da vent’anni mantiene invariato il numero di partite del proprio Campionato, diminuendo anzi quelle necessarie per vincere la Coppa Italia. Per contro FIFA e UEFA, ciclo dopo ciclo, hanno aumentato costantemente le dimensioni delle loro competizioni sia per Club che per le squadre Nazionali, raggiungendo ora un punto di saturazione nel calendario. Per questo motivo, insieme alle altre Leghe europee, siamo stati costretti a denunciare la FIFA per la mancata consultazione dei vari stakeholder tra cui le Leghe nazionali e l’Associazione dei calciatori prima della decisione di organizzare il Mondiale per Club. Evidentemente non può bastare l’intesa con l’ECA che rappresenta solo una parte dei Club che costituiscono la nostra industria. La UEFA, diversamente, ha seguito un processo formale ineccepibile aprendosi a un confronto con tutte le componenti prima di approvare il format attuale della Champions League. Con tutte le altre Leghe europee dobbiamo difendere la centralità dei Campionati nazionali, schiacciati dalle competizioni per Club e per Nazionali organizzate da due Associazioni che, è bene ricordare, sono soprattutto le entità sovra ordinate regolatrici del sistema e che, invece, hanno finito per fare concorrenza alle Leghe domestiche. Peraltro queste nuove competizioni, potenziate o create ex novo, accresceranno significativamente la sperequazione economica tra i Club di prima fascia e Squadre medie con la conseguenza di ridurre la competitività e di rendere meno interessante i nostri Campionati».
D. Manca poco alla nuova Supercoppa italiana in Arabia Saudita: a che punto è l’organizzazione?
R. «Torno da un viaggio in Arabia Saudita dove, negli ultimi giorni, ho potuto verificare come la macchina organizzativa si sia già messa in moto per preparare la prossima Supercoppa alla Kingdom Arena, un impianto ultramoderno e all’avanguardia come mi piacerebbe vederne in Italia. Saremo ospiti in una venue dotata delle tecnologie più avanzate, ancora una volta in occasione della Supercoppa Italiana alzeremo l’asticella utilizzando modalità di riprese e tecnologie capaci di rendere il prodotto TV sempre più interessante per il tifoso».
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