Usciti dal settore ci dirigiamo verso il Parcheggio, indossando sempre la maglia del Napoli. Non avevamo pensato che bisognava passare verso la curva della squadra locale. Iniziano i primi insulti. Si avvicinano intimano di toglierci la maglietta. Circondati da 5/6 individui palesemente pericolosi vengo improvvisamente aggredito. Ricevo uno sputo in faccia e subito dopo un pugno che mi stordisce completamente; intanto, resto da solo e non vedo più il mio amico. Senza maglia e con la faccia sporca di sputo, con un dolore al collo e con il labbro che man mano si gonfia, mi dirigo verso l’Ambulanza. Il collo mi causava dolori e accertata con una TAC la contusione, mi dicono tenere il collare per 4 giorni.
Di questa partita mi resteranno diverse immagini. Non m’importa della maglia sottratta, la “N” ce l’ho incisa nel cuore. Mi resterà l’affetto degli infermieri e soprattutto le scuse di un ragazzo con la maglietta del Frosinone che fuori l’ospedale mi ha teso la mano dopo aver saputo dell’accaduto. Mi resterà soprattutto un grande senso di smarrimento e frustrazione. Perché nel 2023 non posso godermi la mia passione. Perché quel pallone che tanto amo continua ad essere “sporcato” da persone che non cercano altro che uno sfogo per la propria rabbia. Gli stadi trasudano razzismo, etnico e territoriale. Le strade ad essi circostanti sono ancora piene di violenza.
Ho 19 anni e seguirei i miei colori fino in capo al mondo, eppure mi trovo costretto a dare ragione alle ansie di mio padre che non si fida nel lasciarmi girare gli stadi. Perché ad oggi il tifo è uno sport pericoloso. Spero che le società facciano il possibile per ripulire gli stadi da questa feccia che da troppo tempo li abita. Tornato a casa alle 01:00 indosso un’altra maglia azzurra, della fede tanto non possono spogliarmi".
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