Blerim Dzemaili, ex capitano del Bologna, ha raccontato alla Gazzetta dello Sport la malattia di Sinisa Mihajlovic che ha vissuto in prima persona sin dal primo annuncio nel 2019.
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Dzemaili: “A noi del Bologna Mihajlovic ci rivelò la sua malattia in videochiamata”
Le parole dell'ex capitano rossoblù
Dzemaili sulla malattia di Mihajlovic
L'intervista a Dzemaili:
Non sarà facile, un’altra volta.
"Non lo fu nemmeno allora ma ce la facemmo: a riunirci, abbracciarci, a far sì che il carisma dell’allenatore, che comunque appena poteva ci parlava da lontano, venisse surrogato in qualche maniera. Fummo tutti forti, adesso posso dirlo. Fortissimi".
In cosa soprattutto?
"Quando manca l’allenatore, in qualsiasi situazione, il giocatore inconsciamente tende magari a mollare un po’. Non lo vuole, certo, ma magari allenta un po’ l’attenzione e la pressione su se stesso, influenzando poi gli altri. Ricordo ancora quella volta, il 13 luglio 2019, quando noi eravamo già in ritiro e lui ci chiamò. Tardava a raggiungerci in montagna. Al primo giorno ci dissero: “È febbre”. Il secondo uguale. Le dico: tutti noi pensavamo a una influenza e basta, figurati se uno come lui si fa abbattere da una febbriciattola, fra due giorni sarà su con noi a Castelrotto. Poi, ricordo la convocazione in una stanzetta dell’hotel. E compare lui. Davanti a un video. E dice la verità".
In quel caso lei, da capitano, su cosa puntò con la squadra?
"Quando Sinisa ci spiegò il suo momento e la battaglia che avrebbe dovuto affrontare, beh, io da capitano avrei voluto e forse dovuto dire qualcosa. Rimasi di pietra. Non gli dissi niente. Ma le nostre facce, le mani sul viso, qualcuno che aveva le lacrime, beh, dicevano tutto. Ieri, come allora, dico che la squadra non deve sbagliare nulla. E in questo caso non considero il campo, considero il fuori dal campo. Serve essere professionisti ancor più di prima, fare i seri: e non perché non ci sia gente seria, anzi, ma perché magari tendi a lasciarti andare. E non è il momento, devi renderti utile in qualche modo, oltre al fatto che la classifica non è un allarme ma va sistemata".
Quindi l’importante è...?
"Non farlo arrabbiare. Non dargli impulsi negativi. Non farlo incazzare insomma, far vedere la professionalità in ogni aspetto della giornata, oltre che della partita. Sinisa è capace di pensare a se stesso, è forte. Ma la squadra deve pensare a lui non dandogli degli ulteriori problemi".
Tanjga e De Leo saranno ancora i "frontmen": tocca ancora a loro.
"Oggi è diverso da allora: ora il lavoro è avviato mentre in quel 2019 eravamo in ritiro e quindi dovevamo cominciare preparazione e programmazione dal principio. Ovviamente non sarà una passeggiata, non dico questo, ma Miro ed Emilio hanno già, purtroppo, le basi della prima volta e ora la squadra è avviata: credo che problemi di salvezza non ce ne siano e non penso che il loro lavoro sarà facile; aggiungo però che, ancora una volta, non dovranno sbagliare nulla. Spesso non succede che in mancanza dell’allenatore chi lo sostituisce possa e sappia arrivarti, e intendo che sappia coinvolgerti, che sappia farsi ascoltare e seguire. Ecco: loro ci riuscirono, assieme a tutto il resto dello staff. Sono due persone forti, oltre che competenti".
L’importante è che Sinisa possa fare la sua strada con calma.
"Senza arrabbiarsi, appunto, e senza che debba pensare più di tanto ai problemi eventuali della squadra. Poi è chiaro, il calcio lo aiuterà nei momenti di questo ricovero, potrà dargli sollievo ed è lui stesso che cercherà con le chiamate, i video, gli aggiustamenti, anche i cazziatoni via telefono o skype, un contatto col calcio... Perché quello è Sinisa. E mi faccia aggiungere un’altra cosa: l’importante è che la vicinanza continui. Mi spiego: prima sono tutti vicini, poi poco alla volta il pensiero nei suoi confronti rischia di diradarsi. Invece no. Oggi deve valere domani".
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