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serie a
Giampaolo Calvarese (Photo by Gabriele Maltinti/Getty Images)
L'arbitro Gianpaolo Calvarese, oltre 150 partite dirette in Serie A, intervenuto ai microfoni della Gazzetta dello Sport ha offerto la sua chiave di lettura dell’episodio che ha visto protagonista Serra in Milan-Spezia.
L'intervista di Calvarese:
Calvarese, visto il finale di Milan-Spezia?Cosa ne pensa?
“C’è poco da dire: è un errore, e questo tipo di errori capitano. È capitato uguale a me in Lega Pro, a Rocchi, anche a Orsato in Juve-Roma di recente. Questo però è un caso particolare, con quattro condizioni particolarmente sfortunate per Serra…”.
Ovvero?
“La prima: il risultato era in bilico, se fossero stati sul 3-0 per il Milan oggi non ne staremmo parlando. La seconda è che è successo al 92’. La terza è che la partita contava tanto, il Milan si giocava il primo posto. E poi la quarta: il fallo è stato fuori area, e quindi il fischio non ha portato al rigore che poi avrebbe potuto ripagare il mancato vantaggio”.
Come si è comportato l’arbitro nell’azione “incriminata”?
“Il fatto che abbia fischiato subito è buon segno dal punto di vista tecnico, dice che Serra voleva stare ancora ‘dentro’ la partita, era concentrato proprio come quei calciatori che non mollano mai. E poi era posizionato bene, forse anche questo gli ha impedito di vedere tutto lo svolgimento dell’azione. Ieri sera però abbiamo assistito anche a una lezione che gli addetti ai lavori non dovrebbero dimenticare: Serra ha chiesto scusa. Che è già una cosa bella di per sé, ma che soprattutto paga”.
Ci spieghi meglio.
“Riguardate cos’è successo dopo il fischio. Dalla mimica facciale e dalle braccia alte si capisce che Serra chiede scusa. Rebic parte con una foga pazzesca, ed è uno con un bel caratterino, poi si rende conto dell’ammissione di colpa e gli prende il volto come per consolarlo. Si guardano in maniera confortante, l’ho trovato un gesto bellissimo. Anche per questo gli altri poi non hanno protestato come di solito avviene per una situazione del genere, hanno visto che il loro compagno era comprensivo. Ora, il regolamento non prevede certo che si mettano le mani in faccia all’arbitro, ma in questo caso la situazione lo consente. È la prima volta che vedo un’umanità del genere tra direttore di gara e calciatore, e nasce da quelle scuse spontanee. Arbitro e calciatore in caso di errore devono collaborare. E se domani stesso Serra venisse designato per arbitrare il Milan, i giocatori secondo me lo accetterebbero”.
Resta l’errore però. C’è un modo per evitare che situazioni così si ripetano?
“Io sa cosa facevo? Quando mancavano 5-10’ alla fine mettevo il fischietto nella mano sinistra. Sapevo che nei finali le decisioni erano più pesanti, e l’azione di portarlo nella destra per fischiare mi dava quel secondo in più per ragionare e capire bene cosa succedeva. Ovvio, questo è soltanto un piccolo accorgimento, può contare un 5%. Il restante 95% è studio delle situazioni e lavoro, le partite importanti vanno preparate bene, nel minimo dettaglio”.
Lei c’è capitato come tutti e lo sa: un errore del genere è un macigno dal punto di vista psicologico. Come se ne esce?
“Con la cultura dell’errore. L’arbitro più bravo è quello che sbaglia di meno, ma l’errore è la base per poter lavorare e migliorarsi, per capire che nessun dettaglio si può trascurare. Non conosco un altro modo per uscirne. Gli errori sono cicatrici, e le cicatrici sono visibili: ogni giorno ti guardi allo specchio e ti ricordi di quando te le sei fatte. Uno si deve chiedere: ‘Ho sbagliato, ok. Cosa devo fare per non sbagliare più’. Nello specifico anche un eventuale stop non va preso in maniera negativa, ma come occasione di lavoro. E sono sicuro che in queste situazioni ora Serra non sbaglierà più”.
In molti si chiedono: possibile che in un calcio tecnologico dove col var correggiamo anche i fuorigioco di naso non si possano sanare errori così?
“No, il var non c’entra niente, per un semplice motivo: parliamo di un errore umano, non tecnico. E l’errore umano non verrà mai eliminato. Le istituzioni e il contributo di personalità come Collina, Rizzoli e Rosetti stanno rendendo il var sempre più preciso, ma resta uno strumento tecnologico. L’errore umano invece può capitare in qualsiasi momento della nostra vita. Prendiamo il pilota di un aereo che per atterrare deve fare dieci procedure: capiterà la volta che ne fa nove e una la sbaglia, anche se la tecnologia che c’è dietro è perfetta. Stesso concetto qui, le tecnologie le affini quanto vuoi, ma gli esseri umani sono fallibili qualsiasi cosa facciano. Tra vent’anni avremo un var ancora più perfetto, ma sbaglieremo comunque”.
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