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LA CHIAVE TATTICA – Juric ‘a valanga’ su Gattuso (con una rosa di seconde scelte rispetto a quella del Napoli!) – Giornata imbarazzante perché…
La vittoria travolgente, per di più in rimonta, del Verona contro il Napoli misura, al giro di boa del campionato; la distanza tra chi ha un’identità tattica chiara, manifesta, e assimilata dai calciatori, il Verona di Juric, e chi, invece, ancora fatica a trovare le proprie generalità. Gattuso, nel pre-partita di Supercoppa di tre giorni fa, ha indicato sommariamente nel modello spagnolo – fatto di costruzione dal basso, ri-aggresione a palla persa, gioco tra le linee – l’idea di riferimento di pensare calcio.
Ma non sempre le idee si trasmettono all’unisono, anzi spesso si scontrano con la realtà dei fatti: il Napoli come piace a Gattuso non esiste. Sono evidenti i limiti di una rosa che, seppur profonda e variegata, non riesce ad applicare il diktat dell’allenatore. Quando, invece, gli azzurri si sottraggono dalla dimensione ideale e propongono un calcio più sobrio, compatto ed equilibrato, aumenta la qualità delle prestazioni corrispettivamente ai risultati.
Il Verona, passato in svantaggio al decimo secondo, con un errore macroscopico di posizionamento a palla scoperta (quando l’avversario è libero di lanciare o di effettuare una giocata in avanti si definisce palla scoperta; al contrario, palla coperta) di Dimarco sul taglio di Lozano, sembrava aver accusato il colpo.
Zielinski, infatti, avrebbe avuto l’occasione di chiuderla poco dopo, ma si lascia recuperare da Tameze e sciupa senza neanche tirare in porta. Le rotazioni e le marcature a uomo disseminate da Juric ti obbligano ad accettare duelli individuali per tutto il campo: chi ne vince di più, solitamente, vince la posta in palio: la partita. E così è stato. Perché, ripresosi dallo spavento iniziale, il Verona ha surclassato il Napoli per intensità e ritmo, liberando la creatività di Barak e Zaccagni tra la linea di centrocampo e difesa degli azzurri, che veniva sistematicamente puntata troppo facilmente.
Le difficoltà di schermire i passaggi interni dei due braccetti difensivi (i difensori centrali di sinistra e destra), Dimarco e Dawidowicz, hanno permesso al Verona di superare il pressing scomposto del Napoli. Nella rete del pareggio, ad esempio, in un’azione uscita dagli appunti di Juric alle lezioni di Gasperini, Dimarco trova il gol dopo una sovrapposizione interna, impattando su un cross di Faraoni dal lato destro e arrivando in area senza che nessuno ne seguisse l’inserimento.
Per manipolare un assetto tattico così invasivo avversario, sono fondamentali le capacità di smarcamento. Purtroppo, come si è visto, tutto il fronte offensivo del Napoli è risultato stantio e fuori ritmo, aggrappato alle folate di Lozano, ma con tanti errori nelle scelte dell’ultimo passaggio.
Il secondo tempo, poi, è stato il peggiore in assoluto della gestione Gattuso, in cui si sono palesati tutte le contraddizioni tra quello che vorrebbe della squadra e quello che realmente dà. Uno su tutto, il pacchetto difensivo, inadatto tecnicamente a gestire una costruzione dal basso pulita quando aumentano i giri del pressing avversario.
In questo refrain di errori, il Verona ha banchettato sui resti del Napoli, in cui, dopo le sostituzioni iper-offensive adottate da Gattuso, sembrava avere una formazione spaccata a metà. I gol di Barak e Zaccagni nascono dagli errori in fase di possesso del Napoli (Bakayoko sul secondo e Mertens sul terzo). Che Osimhen, entrato al 65’, in mezz’ora di gioco sia risultato s.v, come giustamente scritto dal redattore Giovanni Ibello, è il simbolo della debacle del Bentegodi.
È giusto ripensare alle potenzialità di questo Napoli, capace di entusiasmare giusto una settimana fa contro la Fiorentina per poi ricacciarsi nelle cattive abitudini a Verona. In mezzo, una prestazione sufficiente in Supercoppa, anche se più concentrata e organizzata di questa in analisi. Ripensare alle potenzialità del Napoli significa accettare serenamente l’involuzione di alcuni calciatori (Di Lorenzo su tutti), della già citata incapacità di avere un’identità di gioco precisa e duratura e, soprattutto, coglierne le disfunzionalità tecnico tattiche che elucubrano Gattuso.
Gli obiettivi stagionali (qualificazione in Champions ed avanzamento nelle coppe) sono lì, a portata di mano, certo, ma questi alti e bassi prolungano la sensazione che, in questo campionato senza la tirannia della Juventus e tante squadre a pochi punti, il Napoli si stia lasciando sfuggire la possibilità di centrare il colpo grosso. E la società, più dell’allenatore, dovrebbe mangiarsi le mani.
Articolo a cura di mister Bruno Conte (Allenatore UEFA C)
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