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(Getty Images)
Ieri il Napoli ha toccato sei volte il pallone nell'area dell'Atalanta. Basterebbe questo dato più che preoccupante a fungere da cartina di tornasole di una partita quasi a senso unico.
In particolare, nel match appena passato agli archivi, gli azzurri hanno creato solo 34 attacchi potenzialmente pericolosi (su 104 in totale) per la porta difesa da Gollini. Una cifra iniqua che corrobora il concetto espresso in apertura e che impallidisce di fronte al dato della Dea che invece conclude la contesa con 63 sortite offensive degne di nota (su 160 totali). Non è necessario convocare un match analyst per decretare che l'Atalanta ha attaccato di più e meglio rispetto ai padroni di casa.
A prescindere dalle occasioni create - che comunque sorridono ai ragazzi di Gasperini - bisogna riconoscere che entrambe le compagini, alla vigilia della partita, avevano motivi validi per temere fatalmente l’avversario.
L’Atalanta fa paura - e non da quest'anno -; non ha senso, dunque, mettere alla sbarra il povero Gattuso che ha pensato prima di tutto a non prenderle: la Dea ha iniziato il 2021 con ben altro piglio rispetto a una prima, sonnolenta, fase di stagione (lo score dice sei vittorie, due pareggi e una sconfitta prima del pari del Maradona). Il Napoli invece, pur essendo in evidente difficoltà, è pur sempre l'armata che lo scorso 17 ottobre ha rifilato agli orobici 4 gol in 45 minuti.
Inoltre, elemento questo non trascurabile, i dati rivelano che l'Atalanta soffre molto le ripartenze così come le conclusioni dalla lunga distanza, due fondamentali che costituiscono due punti di forza in casa azzurra (Zielinski e Politano su tutti sono due cecchini).
Al di là del risultato finale (che nelle valutazioni tecniche conta fino a un certo punto), si può dire che il calcio “identitario” dei bergamaschi ha avuto la meglio rispetto a un Napoli che non è mai sembrato in grado di impostare il suo gioco. Anzi, è il caso di dire che i partenopei continuano a non avere una propria identità, e che purtroppo - dopo oltre un anno di gestione tecnica - non sono ancora un squadra riconoscibile.
Certo, le assenze di Osimhen e Mertens sono più di due semplici alibi per la gestione tecnica. Senz'alcuna forma di ironia, si può affermare che al cospetto di una siffatta situazione, bene ha fatto Gattuso a tornare all'ancien régime del "catenaccio" (in senso molto lato e tra tante virgolette) contro un avversario già rodato da anni. E' stato un atto di umiltà che denota intelligenza, a prescindere dall'esito impalpabile della prestazione. Forse è il caso di ricordare che con questo modus agendi l'ex Milan ha vinto un trofeo prestigioso, eliminando in sequenza Lazio, Inter e Juventus. E allora perché non partire dalla compattezza per iniziare a mettere a fuoco (nel lungo periodo) i punti di forza della squadra?
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