La squadra non rifiuta Garcia, bensì ne ostacola quasi inconsapevolmente l’assorbimento delle sue nuove proposte poiché l’anima della squadra fa parte di una cultura diversa, appartiene ancora a Luciano Spalletti.
Napoli e Milan si dividono la posta in palio nella sfida al Maradona, fissando il punteggio sul 2 a 2. Un tempo a testa, sia tatticamente che, soprattutto, emotivamente in cui nella prima parte di gioco la squadra di Pioli è sembrata in dominio del match per poi lasciarsi rimontare nella seconda frazione da un Napoli rinvigorito e rimodellato da Garcia. La mia sensazione è che Garcia provi a navigare sulle rotte del Napoli scudettato, ma sbaglia la mappa poiché semplicemente il suo linguaggio calcistico è distante un oceano rispetto alla modernità vissuta l’anno scorso. Ecco spiegato il motivo di questi squilibri e mareggiate: la squadra non rifiuta Garcia, anzi ha dimostrato di prendersi le proprie responsabilità, bensì ne ostacola quasi inconsapevolmente l’assorbimento delle sue nuove proposte poiché l’anima della squadra fa parte di una cultura diversa, appartiene ancora a Luciano Spalletti.
433 per entrambe le formazioni in campo, con Elmas mezzala di fianco a Lobotka e Zielinski. Confermato Raspadori al centro dell’attacco. Nel primo tempo, nella fase di costruzione milanista, il Napoli indirizza lateralmente il pressing con Raspadori in uscita sul centrale in conduzione, controllando frontalmente i movimenti di Theo con Politano e Calabria con Kvara che tanto avevano fatto male l’anno scorso nelle varie sfide coi rossoneri. La volontà di mantenere in fase di non possesso un 451 stretto con un baricentro medio-basso per evitare le transizioni in campo aperto del Milan ha generato comunque uno scollamento di reparto poiché la squadra di Pioli ha “tirato fuori” le linee del Napoli con un’occupazione dei mezzi spazi attraverso gli inserimenti dentro al campo di Musah e Reijnders oltre che di Pulisic che ha permesso sovrapposizioni aperte a Calabria, da dove poi sono scaturiti i cross per i gol di Giroud. Nei gol subiti, sul primo una mancanza di presa di posizione sul francese, mentre sul secondo è evidente l’appiattimento della linea difensiva oltre che una marcatura troppo statica di Rrhamani. A ciò si aggiunge che durante il primo tempo, la fase di possesso del Napoli sembrava, dopo dei discreti dieci minuti iniziali, lenta e svagata con un cattivo scaglionamento offensivo nella zona di sviluppo e rifinitura, dando pericolosamente il via a dei contropiedi in cui Leao e soci non sono riusciti a sfruttare.
Napoli, insomma, con strategia e sistema troppo rigidi per poter mettere in difficoltà i rossoneri.
Secondo tempo cambio modulo col 4231 con Raspadori dietro Simeone e Napoli soprattutto più sciolto mentalmente e feroce nell’atteggiamento. Il baricentro diventa più alto, alzando anche la linea di pressing per non lasciare manovrare liberamente il Milan, accettando l’1v1 dietro. In questo modo, il possesso del Milan si ritrova ingolfato da continui raddoppi. Lo sviluppo del Napoli ritrova fluidità grazie anche agli attacchi della profondità di Simeone che aiutano a rilegare il gioco Raspadori tra le linee, allungando la linea difensiva milanista e riuscendo ad isolare i due esterni, Politano e Kvara. È la catena di destra a mettere in subbuglio il Milan con le continue scorribande di Politano e Di Lorenzo. Il Napoli gioca 30’ del secondo tempo di altissimo livello. Gol proprio di Politano e secondo invece di Raspadori su punizione. Il pareggio addirittura può risultare stretto se si considera l’ultima conclusione di Kvara parata da Maignan. Garcia, comunque, preferisce coprirsi ed inserisce Zanoli per Politano. Sostituzione che fissa il risultato sul pari.
Giudicare una prestazione simile dipende da quale punto di vista la guardi, se dal primo o dal secondo tempo. Piuttosto, sarebbe da valutarne la panoramica prestativa da agosto fino ad oggi e siamo davvero lontani dai livelli che questa squadra, uguale all’anno scorso, tolto il solo Kim e Lozano, ha raggiunto.