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Marco Rossi, CT dell'Ungheria, ha rilasciato un'intervista ai microfoni del Corriere della Sera, soffermandosi sulle ragioni che non hanno permesso alla propria carriera di decollare in Italia.
"La mia carriera, iniziata nel 2004 a Lumezzane e mai andata oltre la C, è stata a due velocità. In Italia con le marce ridotte. Poi c’è stata una sterzata, con più fortuna. C’è molto traffico, ci sono tanti allenatori bravissimi e quelli che esordiscono in A, più o meno giovani, spesso dimostrano di meritarsela. Io anche quando ho fatto risultati importanti non ho saputo capitalizzarli: nel 2005 in una pagina della Gazzetta sugli emergenti c’era la mia foto grande e quelle di Sarri e Ballardini più in piccolo. Con loro ci hanno preso, con me un po’ meno. Sono uno che dice ciò che pensa. Ma soprattutto non so coltivare le relazioni, così è difficile che qualcuno ti offra la possibilità di allenare. Chiamate dall'Italia? Zero. Tantissimi complimenti, ma nessuna chiamata da dirigenti o presidenti. Non penso di essere un profilo appetibile per il calcio italiano. Lo dico con serenità e con la consapevolezza che per me è stato obbligatorio andare all’estero. Ma mi sono ritagliato uno spazio importante e dignitoso che mi soddisfa. Non ho acredine o un senso di rivalsa".
"Tutti ora vogliono andare in Inghilterra, per ragioni economiche ma anche per l’atmosfera che c’è negli stadi. Quel che è davvero grave, è il fatto che l’Italia è molto indietro nelle strutture anche rispetto all’Ungheria. Persino in B da noi quasi tutti gli impianti sono nuovi".
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