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(Photo by Francesco Pecoraro/Getty Images)
Luciano Spalletti è riuscito a gestire una transizione tutt'altro che facile, dal Napoli infarcito di campioni che avevano scritto gli ultimi dieci anni di storia azzurra al Napoli nuovo, dei giovani di ottime speranze e dai nomi pressoché sconosciuti, di quest'anno. Una rivoluzione copernicana che ne ha cambiato profondamente la struttura, pur senza intaccarne l'essenza. E' la bellezza di un calcio pulito, soprattutto di un'idea di calcio precisa, solida.
Ne parla oggi il Corriere dello Sport, ecco quanto evidenziato da CalcioNapoli1926: "Il primo Napoli, raccolto con monte ingaggio lunare da limare, due qualificazioni Champions che soffocano i bilanci e (forse) il futuro, è una proiezione nell’immaginifico, si prende il terzo posto, lambisce lo scudetto, lo strozza per possibili limiti caratteriali, galleggia nella promiscuità d’un progetto che si sta fisiologicamente sgretolando, ed aspetta che ciò avvenga. In gestazione c’è il capolavoro, che appartiene a chiunque, ad una societàcoraggiosa, capace di sfidare il vento e le sommosse a testa alta e a petto in fuori; di un’area tecnica che Giuntoli guida ormai da otto anni e che si è andata arricchendo di talenti scovati nell’indifferenza altrui, Anguissa, Kim, Kvara tanto per fare tre nomi; di un allenatore che abbatte le convenzioni, trasforma in luoghi comuni le tavole dell’Antico Testamento calcistico - l’ambientamento necessario per gli stranieri; l’esigenza di avere un periodo sul medio lungo termine per trasmettere i propri concetti - e lascia che il suo Napoli esploda: cinquanta punti, il miglior attacco, la difesa più solida e Osimhen trasformato in capocannoniere - sono tante pailettes eppure sono persino niente. Perché l’occasione irripetibile è in quell’orizzonte, verdebiancorosso, in cui c’è la Storia".
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