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Foto SSCN
Roberto Sosa, ex calciatore, ha rilasciato un'intervista ai microfoni della Gazzetta dello Sport soffermandosi sui primi anni in C1 del Napoli di De Laurentiis e quello attuale.
"Fui il primo tesserato del nuovo Napoli nato dal fallimento. Firmai il contratto in una stanza dell’Hotel Vesuvio. Non esisteva una sede. Eravamo quattro calciatori il primo giorno di ritiro a Paestum: io, Montervino, Montesanto ed Esposito. Non c’era nulla. Zero. Tutto sequestrato. Tutto così surreale. Io avevo paura della C. Non la conoscevo. La vedevo come un campionato difficile. Avevo già fatto fatica in B con Ascoli e Messina. Mi feci promettere da Pierpaolo che nell’ultima al San Paolo avrei indossato la 10 di Maradona. Era stata ritirata, ma in C valeva ancora la numerazione tradizionale. Ultima in casa con il Frosinone. Eravamo già promossi, chiedo a Reja la numero 10 ma lui fa il vago. “Vediamo...”, mi fa. “Vediamo un cazzo, mister!…”. Parlai con Pierpaolo e gli ricordai il patto. Il primo incontro con De Laurentiis? Ci disse: “Ragazzi, se l’arbitro ci fischia rigore contro voi dovete dire grazie”. Non capiva molto di calcio, ma ci fece subito sapere che gli importava il rispetto delle regole. E poi sa scegliere gli uomini, non ne sbaglia uno. Scudetto? Già vinto. Spalletti l’ho avuto a Udine. Se penso a lui, non mi ricordo di come giocava tatticamente. Mi ricordo la sua empatia: te le faceva toccare con mano le cose in cui credeva".
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