La garra ce l’ha messa, Simeone. Quella non gli è mai mancata, anche quando spesso è stato inserito nei minuti finali da Conte o dai suoi predecessori. Una caratteristica sua, tutta argentina, interamente ereditata dal papà Diego, che alla Lazio ci aveva giocato scrivendo pagine di storia biancoceleste. Il gol l’ha segnato così, tuffandosi su un pallone su cui Patric sembrava in anticipo, lanciandosi senza pietà in scivolata e infilando la porta sguarnita, di destro, per prendersi con rabbia l’1-1. Non solo, s’è fatto trovare pronto anche in altre occasioni: sia quando c’è stato da giocare di sponda, provando a far salire i trequartisti, che quando s’è dovuto sporcare le mani in area, lottando con i centrali della Lazio. Così è arrivato il gol, così s’è procurato l’occasione per il raddoppio, fermato solo da un prodigioso intervento di Mandas. Meno brillante nella ripresa: anche lui ha accusato il gol del 3-1 di Noslin, ma è stato uno degli ultimi a mollare. S’è messo spalle alla porta, ha provato ad attaccare la profondità, insomma non s’è risparmiato.
Tutto ciò per dimostrare il suo status di riserva di lusso. Una definizione che non piace a nessuno dei protagonisti, Conte in primis, ma che certifica una maggiore affidabilità rispetto a qualcun altro dei suoi compagni impegnati ieri sera all’Olimpico. Al 60' ha avuto anche un’altra occasione per riaprirla, salendo in cielo, ma con un pizzico di ritardo su cross dalla sinistra di Neres. Poi, al 77’, è uscito dal lato della Tribuna Tevere, lasciando il posto a Lukaku. Per una sera, forse, ha sperato di giocare tutti i novanta minuti, ma il centravanti titolare è il belga, lo sanno pure le pietre a Napoli. Giovanni l'ha accettato, ma da papà Diego ha avuto un'educazione cholista, che si traduce nel non mollare mai un centimetro, nonostante le difficoltà".
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