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(Getty Images)
Giancarlo Dotto, editorialista del Corriere dello Sport, commenta gli ultimi avvenimenti in casa Napoli dopo lo sfogo di Lorenzo Insigne al termine del match contro il Sassuolo.
«Che squadra di merda!». Di fronte a uno, in questo caso Lorenzo Insigne, che al 94’ di una partita già vinta, se ne esce così, smadonnando i compagni e prendendo a calci qualunque cosa, abbiamo due strade davanti. Assolvere l’uomo, scorato che si vede svanire all’ultimo secondo la ciambella nel suo buco assurdo. O biasimare il capitano, forse anche degradarlo, ricordando che il mondo non potrebbe sopravvivere più di cinque minuti inciampando leggiadro nella verità. Insomma, la verità va maneggiata con moltissima cura, soprattutto se portiamo una fascia al braccio. Potremmo pilatescamente perdonare Lorenzo, in questo caso evitando fastidiose oltre che facili crocefissioni. Raccontare di un momento di debolezza di un ragazzo emotivamente stremato da una partita che gli aveva riservato di tutto. Tutto vero, ma anche tutto falso. Dipende dalla lente che indossi. Il punto è questo. Interrogarsi su cosa sia un capitano. Domanda: puoi tornare domani o domenica capitano di una squadra che hai appena definito “di m...”? Insomma, compreso sì, forse, assolto no. Non pretendiamo l’harakiri da Insigne, ma possiamo forse spingere chiunque si trovi a portare una fascia al braccio, nel calcio come nella vita, a chiedersi che diavolo significa questo magnifico straccio addosso".
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