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Savoldi: “Dispiaciuto per l’addio di Spalletti, ecco il segreto del successo azzurro”

napoli savoldi
L'ex attaccante ha rilasciato un'intervista a Repubblica, soffermandosi anche sul suo passato in azzurro negli anni 70
Domenico D'Ausilio
Domenico D'Ausilio Vice caporedattore 

Giuseppe Savoldi, doppio ex di Bologna e Napoli, ha rilasciato un'intervista ai microfoni di Repubblica, soffermandosi sul match fra le due squadre in programma oggi alle 15.00 e il suo passato nelle due compagini.

Savoldi su Bologna-Napoli

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"Bologna-Napoli? Ma è la storia della mia vita sportiva! Sì, Bologna è la mia città di adozione, lì sono nati i miei figli, e la società che ha puntato su di me per otto meravigliosi anni. E Napoli è il luogo che mi ha fatto sognare, dove ho creduto di poter fare qualcosa di unico e importante come vincere lì uno scudetto. Tenete conto che l’anno prima gli azzurri erano arrivati secondi a due punti dalla Juve… Uso i concetti espressi da Vinicio: la squadra non era più quella, aveva già dato tutto in precedenza sia a livello fisico che mentale. E poi il nostro allenatore considerava una perdita gravissima la cessione di Clerici. Secondo lui con “El gringo” (soprannome della punta argentina) accanto, le mie prestazioni sarebbero salite di livello, lo considerava il mio partner ideale.


Il momento più bello in campo? La vittoria in Coppa Italia nel 1976 contro il Verona con una mia doppietta. Fu, finalmente, un trofeo per il Napoli. Un titolo, come si dice oggi, e mi spiace di non averne regalato altri alla città e alla sua inimitabile tifoseria. Ma ho anche un altro magic moment da ricordare… Quando allo stadio più di gridare “Napoli, Napoli”, urlavano “Beppe, Beppe”. Ma si rende conto di quanto mi hanno amato? Un amore ricambiato totalmente. Amo Napoli e il Napoli. E ancora, per la verità, vibro d’orgoglio per un altro episodio. L’altro momento indelebile nella mia memoria fu quando indossai la fascia di capitano. Merito del mio grande amico Beppe Bruscolotti, sì, perché sarebbe toccato a lui ma volle che capitano fossi io. Mi vuole un bene dell’animo, Beppe. Trovò anche una giustificazione, diciamo tecnica: sai, mi disse, io faccio il difensore e capita di dare qualche calcione agli attaccanti e allora diventa difficile avere un rapporto sereno con l’arbitro. Tu, invece, bomber, sei l’ideale. E così fui incoronato capitano del Napoli.

Felice per questo scudetto? Felicissimo. Mi complimento con Spalletti e Giuntoli per aver creduto ciecamente in questi giovani che sono arrivati e che pure erano corteggiati da altre squadre che, però, evidentemente non pensavano che potessero fare la differenza. Segreto di questo successo? Osimhen e Kvaratskhelia. Irresistibili. E, mi ripeto, brava la società azzurra ad aver creduto in loro da subito. Spalletti andrà via? E io sono dispiaciuto e ci sto male. Luciano ha fatto benissimo e ha costruito un sistema di gioco complesso ed efficace. E poi io e i tanti amici che ho in città cominciamo a chiederci: ma perché gli allenatori durano così poco al Napoli? Cosa c’è che non funziona perché un tecnico non possa stare a lungo, se ha fatto bene, sulla panchina azzurra? E in questo caso: di chi è la colpa? Di Aurelio De Laurentiis o di Spalletti?".