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rassegna

Plusvalenze Juve, le motivazioni della sentenza smontano “paravento” bianconero

Emanuela Castelli

L'analisi dell'esperto

Alessandro F. Giudice, analista finanziario, spiega, sulle colonne del Corriere dello Sport, le motivazioni per le quali alla Juve sono stati comminati 15 punti di penalizzazione nell'ambito dell'inchiesta sulle plusvalenze fittizie. Le intercettazioni e l'enorme mole di documenti prodotta dagli inquirenti svelano un sistema atto a ritoccare i bilanci e conosciuto da tutti i vertici bianconeri.

Plusvalenze Juve, stangata motivata

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Ecco quanto, delle parole dell'analista finanziario, evidenziato da CalcioNapoli1926: "Le motivazioni della sentenza con cui la Corte Federale ha sanzionato la Juventus lasciano poco spazio all’immaginazione e pure alle contestazioni da proporre al collegio di Garanzia dello Sport. Queste potranno riguardare (è bene ricordarlo) solo questioni di legittimità. Risulta conclamata l’alterazione sistematica, pervasiva, materiale e dolosa dei bilanci della Juventus negli anni esaminati (dal 2019 al 2022) (...) Sistematica, perché praticata con scientifica precisione; preordinata all’unico obiettivo di correggere il risultato economico che si andava formando per cause naturali, nella misura degli importi necessari a presentare una perdita fortemente edulcorata ai terzi. Cioè al mercato, ai soci, ai regolatori ma – ciò che rileva nel giudizio sportivo - alla comunità del calcio di cui la Juve è parte integrante (...) Pervasiva, perché nel club tutti sapevano. Il sistema delle plusvalenze artificiose era noto e condiviso – secondo la Corte giudicante – a tutti i livelli: dagli azionisti al presidente, dai membri del CdA ai dirigenti delle aree sport e finanza. Come risulta da una mole impressionante di intercettazioni, appunti, scritture non disponibili quando fu pronunciata la prima sentenza assolutoria, otto mesi fa. Materiale, poiché tale da generare effetti positivi sui singoli bilanci. Una materialità che non può ritenersi sterilizzata (come sostenuto dalla difesa della Juve) (...) perché il bilancio di una società è annuale, non pluriennale (...) La mancata applicazione dello IAS 38, paragrafo 45 (chiaro e prescrittivo, per nulla interpretabile) costituisce il discrimine tra la Juve e gli altri club non obbligati, come i bianconeri, ad adottare principi contabili internazionali perché non quotati in borsa. Intercettazioni e documenti smontano il paravento dietro cui la Juve presentava surrettiziamente le operazioni “a specchio” come slegate tra loro mentre costituivano – a tutti gli effetti – permute di cartellini che non potevano essere contabilizzate a valori tali da consentire la produzione di ricche plusvalenze. Qui la procura di Torino ha rilevato addirittura che le fatture ricevute dalla controparte negli scambi dei calciatori venivano talvolta corrette “a penna” per nascondere la natura permutativa (come nello scambio Akè/Tongya con l’OM Marsiglia) provando, non solo, la sistematicità dell’alterazione ma la sua natura intrinsecamente dolosa".