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Vìctor Osimhen (Photo by SSC NAPOLI via Getty Images)
L'edizione odierna del Corriere dello Sport si sofferma su Victor Osimhen. Il centravanti del Napoli prima del Bologna, aveva segnato due gol in dieci partite. Dopo, ne ha realizzati otto in undici. Siamo a dieci in ventuno incontri. Uno ogni 129 minuti. Senza rigori. Non male per un ragazzo di 22 anni alla prima stagione in Serie A. Lo scorso anno, nel Lille, ne mise a segno tredici.
Gli piace giocare col talento, mettersi alla prova, cercare la soluzione più complicata. In questi casi vanno di moda i paragoni. La sensazione è quella che trasmettevano Elkjaer, Boksic e Boniek che in campo aperto sembravano tori. Avvertivi lo spostamento d’aria. Osimhen è leggiadro, i piedi sembrano toccare appena il terreno di gioco, falcate ampie, non trasmette la sensazione di fare fatica. Lanciategli un pallone in profondità, lui farà il suo dovere. Ancora non sono chiari i suoi limiti. E l’impressione è che non lo saranno per un bel po’. Può migliorare, e tanto. Nel frattempo segna. Che non guasta mai. Se ne sta lì, appollaiato sulla linea di metà campo, trotterella in attesa dell’occasione buona. E poi scatta. Va a nozze col calcio contemporaneo, con gli avversari che giocano sulla linea di centrocampo come se fossero l’Olanda di Cruijff. Se ne fa beffe. Fa anche a sportellate in area con Chiellini e conquista persino un rigore. Segna di testa, da opportunista e pure da fuori area: il primo, contro l’Atalanta, ovviamente sul palo del portiere. De Laurentiis gongola. Nemmeno stavolta ha sbagliato il colpo.
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