Poi c’è la Juventus tra lei e Ranieri.
«Subentrai a lui a due partite dalla fine della stagione 2008- 2009».
Un intreccio romanzesco.
«Il suo Napoli fu il primo del dopo-Maradona, con tutto ciò che una separazione del genere poté creare nell’ambiente. Un trauma collettivo. Ma Ranieri fu bravi s simo, sapeva di innovazioni, soprattutto nella fase difensiva, in cui scorgevi principi di Sacchi».
Andaste bene.
«Chiudemmo quarti, che voleva dire Coppa Uefa, perché la Coppa dei Campioni era riservato soltanto ai vincitori del titolo. E partimmo discretamente anche nella sua seconda annata, conl’1- 5 a Valencia, la cinquina di Fonseca».
Ha aneddoti gustosi che si possono svelare.
«Vigilia di Napoli-Milan, nel ‘92, gara che avremmo perso 5-1. Eravamo in ritiro a Soccavo e Ranieri voleva, come s’usava allora, che nel pomeriggio facessimo una passeggiata per il Centro Sportivo. Che, viste le dimensione, significava quasi andarsene in giro nel campo. Io e Careca stavamo giocando a biliardino e continuammo, un atto di disubbidienza che non rifarei, che censurò con stile».
Napoli-Roma che partita sarà in una parola.
«Tattica. Com’è giusto che sia tra due allenatori che sono legati da amicizia, si conoscono e dunque si fronteggeranno a livello strategico. Conte sa bene che Ranieri proverà a sistemargli trappole ovunque».
Ranieri-Roma che rapporto è?
«Claudio per i tifosi, è uno del popolo. Non ha bisogno di calarsi nell’ambiente. Non sarà semplice, non lo è il calendario che l’attende, ma forse è persino meglio così, perché gare di questo tenore si preparano di slancio».
Conte-Napoli che coppia è?
«La fusione ideale nel momento più propizio. De Laurentiis ha scelto l’allenatore perfetto e Conte l’ha portato subito in testa. La stagione è lunga, so quanto valga Antonio-che conosco bene - ma, per cominciare, già riconquistare la Champions League sarebbe un successo. E comunque poi si vedrà. Per il Napoli, che in Europa c’è sempre stato, quest’assenza è stato un colpo basso».
Gli uomini della partita?
«Buongiorno ha avuto un impatto decisivo, si è imposto senza indugi, è diventato pilastro e riferimento: è forte, forte, forte. E per la Roma la svolta può passare dalla leadership di Pellegrini, serio, scrupolo, attento. Non è mai facile essere profeta in patria e quando i risultati non arrivano diventa tutto persino peggio. Ma lui ha la stoffa».
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