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Spalletti e Allegri (Photo by Marco Luzzani - Inter/FC Internazionale via Getty Images)
Napoli-Juve, ci siamo. Questa sera alle 20:45 il fischietto suonerà ad indicare l'inizio del match più atteso dell'anno, da sempre. Fiumi di inchiostro sono stati consumati, fiumi di parole per narrare l'avvicinamento alla "madre di tutte le partite". Ed ora, finalmente, la parola passa al pallone, dopo esser stata data ai tecnici, che si sono rimbalzati l'un con l'altro le pressioni, come nel gioco dei ruoli.
Ne parla oggi il Corriere dello Sport, ecco quanto evidenziato da CalcioNapoli1926: "Questa non è esclusivamente una partita, è il completamento d’un ciclo produttivo (ri)cominciato nel 2004 (...): era finita in Tribunale, volarono le uova contro il Presidente Federale, per risentire l’eco d’un pallone si ripartì dal basso, dalla serie C, e pure quel giorno con il Cittadella ne arrivarono sessantamila. Non avrebbero mai sospettato che nel 2011 avrebbero rivisto uno scudetto assai da vicino, tre punti dal Milan, almeno fino al momento in cui, in Napoli-Udinese, non si fossero accorti che Inler e Denis, un amico del futuro e uno del passato, l’avrebbero demolito al San Paolo con quell’1-2 da psicanalisi. Quante volte, in trentatré anni, Napoli è rimasta a guardar le stelle, e pure nel 2015 venne abbagliata a lungo, rimase sospeso nella propria illusione, l’assorbì appieno nella prima edizione della Grande Bellezza, venne stordita a Udine dalla sorte - che sa essere cinica e bara - e a otto partite dalla fine fu costretta ad arrendersi di nuovo, fingendo d’essere egualmente euforica per avere costruito un calcio esaltante, che sapeva di guardiolismo però si chiamava sarrismo, evaporato pure nel 2018, questa è un’incontrollabile ossessione, in un weekend pazzo, tra San Siro e Firenze, tra Pjanic e il cholito Simeone, tra Orsato e tutto ciò che può essere infilato in un retro-pensiero dolente. In trentatré anni, saltellando dall’inferno del Fallimento al Paradiso della resurrezione, il Napoli ha scoperto che il suo “nemico” poi neanche tanto occulto si chiama Massimiliano Allegri, perché c’era lui al Milan nel 2011, prima che si accomodasse in un ristorante da cento euro e con dieci vincesse cinque scudetti di seguito, due dei quali sembravano lì, intorno al Maschio Angioino, nella umanissima visione d’una città che è arte, sole, mare e terra, è poesia, è musica, è cultura, è caos, è stereotipo di se stessa, è un inno alla fantasia, è un teatro a cielo aperto all’ombra d’un sogno".
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