Questa prima parte di stagione è stata costruita a partire dalla conclusione della scorsa, quando la dirigenza del Napoli decise di rifondare e ricominciare...da tre. La perdita di uno scudetto abbordabile e l'avvio di un nuovo ciclo sono valsi uova all'indirizzo degli azzurri, ora tutti si complimentano con tecnico e Società
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Napoli, rivoluzione che sa di impresa…e l’odore delle uova è lavato via dal profumo dei successi
Napoli, dalle uova lanciate all'indirizzo del pullman al primato in Serie A e nel Gruppo A di Champions League: la vittoria del progetto
I successi non sono mai casuali ma sempre la conseguenza di un lavoro oculato, talvolta coraggioso, avviato con progettualità e serietà dai responsabili. E' il caso del Napoli: il doppio primato in Serie A e Champions League è il frutto succoso e godurioso di una ricostruzione non semplice, che ha richiesto coraggio e capacità di gestione dei malumori della piazza. Così Antonio Giordano sulle colonne del Corriere dello Sport: "Da non credere: i duri e puri arrivarono un paio d’ore prima che cominciasse la partita, muniti di uova e di slogan, come se non ci fosse un domani. Ma il 30 aprile del 2022, quando stava per cominciare Napoli-Sassuolo, quella squadra solo «umanamente imperfetta», aveva comunque imbandito la tavola per sistemarci su l’argenteria della Champions. Le vigilie sono tutte uguali, più o meno, ma quando Spalletti salì sul pullman, e con lui i calciatori, pur portandosi dentro l’amarezza per aver visto svanire lo scudetto tra la Fiorentina, la Roma e poi l’Empoli, potevano sentirsi soddisfatti di quel terzo posto, in linea con il Progetto: erano riusciti a ricostruire un clima nuovo, almeno così sembrava, a undici mesi esatti dalla notte dei veleni, il 23 maggio del 2021, quando contro il Verona, però dopo averne perdute nove, la qualificazione in Champions era svanita e con essa, nella nube tossica d’una città ferita, s’erano dissolti pure un’altra cinquantina di milioni, da aggiungere a quelli della stagione precedente. Il calcio non ha memoria e Napoli-Sassuolo finì per trasformarsi (nonostante il 6-1) in una turbolenta passeggiata all’inferno, in uno stadio rivoltatosi contro chiunque. Sono volati via altri sette mesi e Napoli s’è ritrovata in una dimensione inedita, con lo sguardo perso in quell’orizzonte abbagliante nel quale c’è di tutto, anche la più disinibita fantasia: ma per arrivarci, è stato necessario - anzi, indispensabile - smontare i teoremi, ignorare gli striscioni, scivolare via da quell’atmosfera grigia e avvelenata. Il Napoli aveva già scelto la via di fuga dase stesso, con i suoi modi - anche un po’ bruschi, inconciliabili con la retorica di massa - s’era staccata da Insigne, il leader e il capitano; aveva deciso di non rinnovare, se non a condizioni accettabili, Mertens, il re del gol; e poi, via facendo, al mercato, non ha resistito alle lusinghe per Koulibaly e Fabian Ruiz, né ha voluto assecondare le richieste di Ospina, tuffandosi in una sfida rischiosa, di tutti - di Adl, di Giuntoli, diSpalletti".
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