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(Photo by SSC NAPOLI via Getty Images)
L'edizione odierna del Corriere dello Sport si sofferma su un retroscena riguardante il portiere del Napoli Alex Meret che fu mandato in panchina dall'allora tecnico azzurro Rino Gattuso.
Al bambino prodigio, a un certo punto, è stato chiesto di crescere e d’imparare cose nuove: era rimasto all’età della pietra, se così si può dire, quella in cui ai portieri veniva semplicemente chiesto di usare le mani, parare, essere normali, pur diventando eccezionali. E Alex Meret, che ha avuto un’adolescenza da predestinato, dal giorno in cui uscì dalla Donatello per passare all’Udinese, aveva lasciato di sé nelle Valli, l’eco del proprio talento: "Il fenomeno è lui". Dall’Under 16 alla 17, dalla 18 alla 19, dalla 21 alla Nazionale maggiore, non c’era azzurro che fosse diventato tenebra, perché dal volto rassicurante, dalla quella espressione sempre solare, emanava certezze. Poi, una sera, quando Ancelotti non c’era più e Lukaku gli tirò una sassata addosso, le parole divennero come pietre e la panchina fu il rifugio al quale venne costretto da Gattuso: e non bastò vincere la Coppa Italia, infilandoci dentro il prodigio su Dybala dal dischetto per ribaltare le gerarchie, scolpite nel marmo.
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