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(Getty Images)
Nuove perquisizioni e nuove accuse di falso in bilancio per la Juve, sempre più nel mirino della Procura di Torino. Stavolta sotto la lente ci sono quattro mensilità non incassate dai giocatori durante la prima ondata di Covid. Secondo l’accusa la Juventus avrebbe concordato con i giocatori le riduzioni degli stipendi e contestualmente anche le integrazioni, inserendo però le seconde solo nel bilancio dell’anno successivo. Lo riporta l'edizione odierna della Gazzetta dello Sport.
Ieri la Guardia di Finanza ha eseguito nuove perquisizioni nell’ambito dell’inchiesta Prisma. Iscritti nel registro degli indagati Andrea Agnelli, Pavel Nedved, Fabio Paratici e tre fra attuali ed ex manager dell’area finanza più l’avvocato Cesare Gabasio. L’accusa è di emissione di fatture per operazioni inesistenti e false comunicazioni. Il nuovo filone riguarda l’accordo per la riduzione degli stipendi che la Juventus raggiunse nel marzo 2020, con il campionato fermo per la pandemia. L’intesa prevedeva il taglio di quattro mensilità (da marzo a giugno) con un effetto positivo di 90 milioni sul bilancio 2019-2020. Secondo la ricostruzione dei PM di quei 90 milioni oltre 60 sono stati restituiti in seguito ai calciatori attraverso accordi privati. Dal lavoro di comparazione tra i documenti sequestrati in sede alla Juventus e i contratti depositati in Lega è emersa "l’esistenza di plurime scritture private variamente denominate inserite nell’ambito delle due manovre stipendi per gli esercizi 2019/2020 2020/2021 e non depositate presso gli organi competenti", si legge nel decreto di perquisizione. Tutto nasce da approfondimenti investigativi legati ai trasferimenti dei calciatori, che hanno portato alla luce delle anomalie.
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