La prima cosa che ha fatto è stata capire cosa fosse il Napoli per tutti gli stakeholder coinvolti. «Un ponte tra la città e i napoletani sparsi nel mondo», il responso. Il lavoro sull’internazionalizzazione del marchio si è basato sul rafforzamento dell’identità di un brand che era già noto al pubblico ma che andava “sbloccato”. La cavalcata verso il titolo, poi, ha esaltato il binomio con la città, soprattutto all’estero. «Al fischio finale di Udine, in contemporanea, abbiamo assistito a scene di esultanza a Napoli, Madrid, New York, in Asia. Napoli è diventata simbolo della volontà di rinascita dell’Italia. Il nostro compito è stato quello di associare la bellezza calcistica a quella della città e di promuovere un modello di calcio sostenibile». Per la prima volta, il Napoli ha vinto senza Maradona. Una cesura anche dal punto di vista commerciale. «Non a caso abbiamo creato il manifesto “New era”. Diego era il nostro biglietto da visita ma anche un limite. Da qui l’anno zero impostato con i giovani talenti» (...)
Gli sponsor di maglia Msc, Ebay e Upbit garantiscono proventi complessivi per 20 milioni a stagione, il doppio di qualche anno fa. Il club ha potenziato la presenza di sponsor globali (ora 12) e spinto sulle partnership regionali (10), per un totale di 22: erano 4 un paio d’anni fa. (...) Lo sfruttamento al 100% dei diritti d’immagine dei calciatori (è) una condizione contrattuale che De Laurentiis ha mutuato dal cinema e che sta tornando utile perché facilita l’ingresso in certi mercati (...)
Un altro pilastro è l’autoproduzione del materiale. Il Napoli non ha uno sponsor tecnico ma uno style partner (Emporio Armani). Così può controllare tutte le fasi del processo, sotto la cura di Valentina De Laurentiis. «In poche settimane siamo in grado di mettere sul mercato edizioni speciali, per intercettare le mode del momento. Abbiamo la replica della replica, un prodotto di minor qualità ma pur sempre ufficiale. Anche così siamo riusciti a contenere il fenomeno del falso», dice Bianchini.
I ricavi commerciali complessivi, rispetto al 2021-22, sono cresciuti del 40% e si posizionano attorno a quota 50 milioni. E l’autoproduzione del materiale garantisce margini maggiori. Parallelamente, è stato fatto un investimento sulle risorse umane. Da luglio, non c’è più una separazione tra le attività domestiche e quelle internazionali. Il team è unico e si declina verticalmente, dal digital marketing alle partnership activation. Le persone che ci lavorano sono una trentina, quasi raddoppiate in tre anni".
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