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(Photo by Francesco Pecoraro/Getty Images)
Il lungo applauso della squadra a se stessa rimbomba nel ventre silenzioso dell'Olimpico. Non ci sono cori, ci sono solo i complimenti, le pacche sulle spalle, le strette di mano, i sorrisi. Che tutti fanno a tutti. E Gattuso fa alla squadra, la sua squadra. Quella squadra che qualcuno raccontava fosse persino stufa delle sue urla a bordocampo, del suo modo di richiamare i suoi calciatori sul terreno di gioco. Ringhio è lì, con Giuntoli e con Riccio, il suo fedele amico assistente.
Gattuso non parla alla fine della partita all'interno dello spogliatoio, i discorsi sono rinviati a mercoledì quando torneranno ad allenarsi almeno quelli che non raggiungeranno le nazionali. Ma c'è una gioia unica, una specie di rivincita per Gattuso. Nei confronti di tutti. Per questo Napoli che odora di terza forza, sempre meno potenziale e sempre più autorevole. Il Napoli concede un tenue possesso palla alla Roma solo alla fine, quasi per inerzia. La costruzione da dietro mette un po' d'ansia in qualche circostanza, ma fa parte del gioco (di Gattuso) anche questo. Ma il primo tempo, sbirciando il taccuino, è di fatto un monologo napoletano, con gol e superiorità. Prima di andar via dice solo due parole ai nazionali che partono: attenti al Coronavirus. Anche in questo, un fratello più grande.
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