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La forza di una squadra sta nell'unione dello spogliatoio e l'esser leader di alcuni giocatori. Il Napoli quest'anno è tornato ad essere un gruppo che viaggia tutto nella stessa direzione, anche grazie alla presenza di alcuni giocatori che insieme a Di Lorenzo possono essere considerati capitani. Lo sottolinea l'edizione odierna de Il Mattino. A seguire un estratto dell'articolo.
"Non c'è solo Buongiorno, già investito da Conte dei gradi di "capitan futuro" in questo Napoli che guida il campionato di serie A. [...]Non c'è solo Di Lorenzo, l'erede di Insigne, ma anche Rrahmani, Lukaku, Lobotka e Anguissa (in realtà vice) che sono i punti di riferimento delle rispettive nazionali. «Oh, capitano! Mio capitano!». Ci sono squadre intere disposte a salire sui banchi, come nell'immortale scena dell'«Attimo fuggente». Il Napoli ne ha una montagna. Questo Napoli ha un'arma in più nella rincorsa alla Champions: gente che comanda, che sa cosa dire, quando dirlo. Ecco perché Lobotka non rinuncia neppure alla partita (inutile) con l'Estonia in Nations League, facendo per certi versi arrabbiare il club azzurro: perché giocare, da capitano, con la Slovacchia, da successore di Marek Hamsik, deve essere qualcosa a cui si fa fatica a fare a meno. Anche se poi si corre qualche rischio, soprattutto se si è ridotto da 20 giorni di stop muscolare. Ma tanto. Si è leader anche per questo: per dare l'esempio.
In Inghilterra, i capitani vengono chiamati skipper: guidare una squadra è come timonare un'imbarcazione. Figurarsi la propria nazionale. La fascia al braccio dà gloria e responsabilità. La predestinazione di Conte non era difficile da intuire (in campo era già un leader, un organizzatore). Normale, dunque, che attorno a sé non possano esserci figure di spessore, zeppe piene di personalità. Eccoli: altri capitani. Vieni Lui. E nessuno intende ammainare la bandiera, tirarsi indietro. Anzi, stanno tutti in prima linea, cercando la strada per riportare in alto la squadra azzurra dopo il disastroso decimo posto della passata stagione. Non solo Di Lorenzo, dunque: ci sono un bel po' di capitani senza fascia oltre al capitano non giocatore che è Lele Oriali. La fascia a Di Lorenzo non si discute: neppure dopo lo sbandamento estivo c'è stato qualcuno che l'ha messa in discussione, nessuno che ha tentato il golpe per strapparla dal braccio. Di Lorenzo non verrà mai degradato e intanto convive con il gruppo dei saggi, dei capitani coraggiosi. Prendete Rrhamani: ha preferita la sconfitta a tavolino del suo Kosovo contro la Romania, piuttosto che accettare quelli che riteneva insopportabili insulti politici dalla curva rumena. Si sa, i paesi balcanici sono delle polveriere dove è difficile potersi muovere con sicurezza. Ma Rrhamani, l'altra notte, ha ordinato la "ritirata" della sua nazionale. E ieri è arrivata la sconfitta per 0-3 al tavolino da parte dell'Uefa.
Tanti altri capitani, insomma. Gente che, per costituzione, è solida, brava, trascinatrice. L'allenatore mette in campo il suo capitano e poi gli altri. In questo caso sono ben cinque i capitani. L'indiscusso carisma di Di Lorenzo, certo, ma anche di Anguissa che nel Camerun è il vice di Vincent Aboubakar, la stella della nazionale con le sue 104 presenze. Ecco, Conte sa cosa significa essere capitani veri, ovvero calciatori che governare emozioni e redini. Eccoli, dunque i capitani di razza. Di sicuro, Lukaku, che annota nell'attacco del Belgio e con la fascia le date della sua eternità, corre anche per tramandarne il ricordo, magari ancora zoppica con la maglia azzurra ma nel suo Paese, dopo De Bruyne, c'è lui se servire qualcuno da fare il capitano. E allora con la Roma c'è la spinta in più: una montagna di persone che sa come guidare gli altri, sa come non inciampare e prendere per mano il resto della squadra. Insomma, ci sarebbe solo l'imbarazzo della scelta, ma la fascia del Napoli non è girevole. È fisso. La porta Di Lorenzo, scudetto capitan. Gli altri sono i suoi scudieri. In attesa di Buongiorno".
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