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De Laurentiis: “Sentenza svolta epocale, tante croste destinate a saltare. Ecco cosa farei…”

De Laurentiis
Lunga intervista del presidente del Napoli ai microfoni de Il Corriere dello Sport: le tematiche trattate e le dichiarazioni rilasciate
Edoardo Riccio
Edoardo Riccio Giornalista 

Quest'oggi, Aurelio De Laurentiis ha rilasciato un'intervista a Il Corriere dello Sport. Il patron dei partenopei ha analizzato la sentenza della Corte di Giustizia europea, sottolineando ed evidenziano i possibili vantaggi della decisione, considerata, una svolta epocale. A tutto Aurelio!

L'intervista del presidente De Laurentiis

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Di seguito le dichiarazioni rilasciate dal presidente dei partenopei: Apertura alla Superlega dopo la sentenza? "La posizione dominante di Uefa e Fifa, che oggi l’Europa censura, è servita a elargire bonus in cambio di consenso. Chi ha governato fin qui da monopolista non ha compreso che il calcio è un’impresa e ha bisogno di fatturati crescenti. Se io investo centinaia di milioni per partecipare a un circo che distribuisce noccioline, non fa utili e mi costringe a giocare sempre di più per tenere in piedi un carrozzone improduttivo, il gioco non vale la candela".


Sul motivo del mancato blitz al progetto Superlega: "Non mi convinceva, lo dissi ad Andrea Agnelli. Mancava un avvicendamento di merito connesso al valore delle singole squadre".

Sulla posizione dell'Italia: "Ma in Italia chi sono i veri imprenditori del calcio? RedBird sta in America. L’Inter non si sa di chi sia. Chi parla a suo nome fa i conti dei bilanci che…".

Sulla mancata adesione della Roma: "Vorrei avere il piacere di vedere in Lega Dan Friedkin e suo figlio qualche volta. Li ho incontrati a Los Angeles per parlare di cinema, ma qui non vengono. E nessuno si ribella all’idea balzana di una Supercoppa che neanche gli arabi vorrebbero".

Sul paragone tra Serie A e Premier League: "Non lo è mai stata, se non negli anni di Berlusconi. Anche perché per decenni la gestione dei dirigenti di Lega è stata fallimentare. Se penso che Lotito mi crea un danno enorme, vendendo le partite per cinque anni agli stessi interlocutori che forse alla scadenza del contratto non esisteranno più sul mercato. E le vende a un prezzo inferiore dell’ultimo triennio…".

Sulla mancata fiducia rivolta al presidente: "Ma no, nessuna mancata fiducia in me. Se non fosse stato per il covid, io sarei stato più in America che qui. Il fatto è che non hanno esperienza della creatività dell’audiovisivo. Non sanno come si costruiscono i contenuti su un piano editoriale. Non è il loro mestiere e quindi navigano al buio. Perciò questa svolta è doppiamente importante. Perché a catena molte croste sono destinate a saltare. Nel 1986 c’erano sedici club. Oggi sono venti e le entrate sono diminuite, anziché aumentare. Finché non si stabilisce che la maggioranza si calcola con il voto ponderale dei club, cioè dando più peso a chi fattura di più, nulla cambierà. Le piccole continueranno a egemonizzare la Lega con una logica sparagnina, perché il loro unico obiettivo è evitare la retrocessione. Questa sentenza ci esorta a cambiare regole".

Sul possibile svincolo dei calciatori con una revoca dell'affiliazione di una federazione: "Non credo proprio. Certamente non con i miei contratti. Mi hanno spesso preso in giro perché li faccio di cento pagine. Certo, è più facile firmare che negoziare. Ma se vuoi produrre ricchezza devi saper trattare. Ho messo a disposizione i miei testi a tutta la Lega da almeno dodici anni. Se poi sono l’unico che ha avuto i diritti di immagine, non è colpa mia".

Sulla sentenza della Corte di Giustizia: "Apre un precedente di diritto. La Superlega è stata una mossa sbagliata, che però ha sortito questo cambiamento. Adesso bisogna fare un ragionamento serio. Ho parlato con Florentino Perez e siamo d’accordo a mettere attorno a un tavolo alcuni veri imprenditori, non più e non solo presidenti nominali. Perché oggi il calcio è amministrato da persone anziane dal punto di vista anagrafico, ma soprattutto prive di visione".

Sui modi di cambiare il calcio: "Stiamo perdendo i giovani. Ci vuole più dinamismo. Basta fuorigioco fischiati dopo che l’azione è finita e si è andati in gol. Basta con questa qualità arbitrale. Ci vuole il tempo effettivo, come nel basket. E il challenge per chiamare il Var a domanda di parte".

Su una riforma dei campionati: "Farei subito una serie E, dove E sta per élite. Sole squadre di città con un numero rilevante di tifosi. Un Palermo che dà garanzie economiche non può fare la trafila dalla serie D. Un Bari che ha un bacino di un milione duecentomila fan non può stare dove sta. Mentre in prima serie ti trovi città di ventimila abitanti che non fanno diecimila biglietti. Allora io dico: alle sette, otto squadre che egemonizzano la classifica, aggiungiamone altre sette che possono avere le stesse ambizioni. E chiudiamo a 14 posti nella serie d’élite. Poi due gironi di Serie A da venti squadre. E il resto è dilettantismo, che funga da vivaio. Farei come nel basket in America, una serie Elite. Che ha i palazzetti strapieni. Vai a vedere i Lakers e non riesci a trovare un biglietto. Poi chiediti quanto incassano. E qualcuno obietta che il senso agonistico verrebbe a mancare. Non è vero niente".

Sulla possibile adesione del Napoli a questa serie: "Quando sono arrivato, il Napoli era al 550° posto. Oggi è tra le prime quindici squadre al mondo".

Sullo scudetto conquistato dal Napoli: "Voglio dire che ai risultati sportivi vanno aggiunti quelli economici. Non mi sono mai redistribuito i guadagni, ho sempre reinvestito tutto. E quest’anno ho chiuso il bilancio con 80 milioni di utili e una riserva di 154 milioni. Nessun club italiano ha fatto tanto. Poi certo, vincere tutti gli anni non è possibile. I giocatori possono sentirsi appagati, ci sta. Bisogna rimotivarli".

Sul post-Spalletti: "Il primo che ho contattato è stato Thiago Motta. Non è che ci avessi visto male, eh? Ma lui non se l’è sentita. Perché sai cos’è? Tu vieni a prendere l’eredità di uno che ha vinto lo scudetto in quel modo. E se mi va male, ha pensato, io che cosa faccio? Che poi è la stessa cosa che avrà pensato Spalletti. Avrà detto: io esco da eroe da questa città. Ma chi me lo fa fare a rimettermi in gioco? Poi sono andato su Luis Enrique. Lui ha fatto venire a Napoli i suoi, mi ha tenuto tre giorni fermo, chiedendomi tantissimi soldi. Avevamo anche trovato un quasi accordo, ma poi ha detto di no, perché ambiva a guadagnare ancora di più. Ed è stata la volta di Nagelsmann. Ne ho consultati cinque o sei, non di più. Ma ho detto quaranta come boutade, per mischiare le carte. E alla fine sono arrivato su Garcia. Che in Italia aveva fatto due secondi posti con spogliatoi turbolenti, pieni di giocatori di grande livello".

Sul momento nel quale ha riconosciuto di aver sbagliato su Garcia: "Il giorno che l’ho presentato a Capodimonte. Avrei dovuto fare un coup de théatre e dire: ve l’ho presentato, però adesso se ne va. Perché uno che arriva e dice: io non conosco il Napoli, non ho mai visto una partita… Avrei dovuto capire. E invece l’ho preso a ridere. Il fatto è che l’ha ripetuto altre volte. Sarebbe bastato che praticasse lo stesso calcio di Spalletti. Invece ha preteso che mandassi via un preparatore perfetto, per chiamarne uno che… Me l’avevano detto: questo t’imballa i giocatori. Sono dovuto restare a Castel Volturno da mattina a sera".

Sul mercato del Napoli: "Le proposte sono venute, quest’anno come in passato, da Maurizio Micheli. Talvolta ci prendi, tal’altra no. Sai quanti giocatori sbagliati ha preso Giuntoli? Il famoso signor Kvara, per dirne una, è una segnalazione giunta a mio figlio Edoardo, da lui a Micheli e da Micheli a Giuntoli. Prima del covid ci chiesero trenta milioni, l’anno dopo l’abbiamo preso a undici . Certo, Natan è giovane e viene dal Brasile in un ruolo difficile. Poi magari gli capita di dover giocare da esterno, insomma diamo tempo al tempo. Anche quando prendemmo Kim nessuno lo conosceva. I difensori sono i più difficili da trovare".

Sulla finestra invernale di calciomercato: "Almeno tre operazioni saranno effettuate. Devo rinforzare la difesa con un centrale e con un terzino destro, per avere un rincalzo di Di Lorenzo. E poi prendere un centrocampista, forse due".

Sul futuro di Elmas: "Già venduto. È uno che vuole giocare sempre, non ha capito che si è titolari anche se non si fanno novanta minuti".

Sul futuro di Zielinski: "Stiamo parlando per il rinnovo. Lui ha detto che voleva rimanere a Napoli tutta la vita. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo che, essendo un polacco, del sole e del mare gli interessa fino a un certo punto. Forse è abituato maggiormente a certe nebbie".

Sul rinnovo di Osimhen: "L’ho detto e lo ripeto: siamo in dirittura d’arrivo".

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