Ragioniamo: nel discorso c’è stata una forte rivendicazione del modello economico a gestione familiare, con critiche ai fondi e agli altri club italiani a suo parere assenteisti. Se era una frecciata sulle condizioni debitorie di alcune illustri avversarie, era troppo implicita per essere immediatamente colta. Ma nel merito l’affermazione avrebbe molto senso. Potrebbe anche aver giocato un ruolo la tensione dei giorni di mercato, nei quali il Napoli ha obiettivamente lanciato il cuore oltre l’ostacolo, spendendo la cifra che ha speso e subendo qualche commento a effetto.
Qui invece c’è anche la parte migliore dell’uomo: dopo un anno nel quale egli stesso non si è risparmiato nessun errore — gestionale, comunicativo e tecnico —, un anno che ha fatto pensare a noi e altri al pericolo di un declino personale, eccolo che lui cambia di centottanta gradi il senso del proprio agire e mette sul mercato una cifra mai investita, ma facendolo nell’ambito di una logica aziendale e gestionale che non fa una piega.
Tornando alle lacrime, questo anziano cronista deve confessare un antico sospetto: che gli pare quasi incredibile che il Napoli sia riuscito in questi anni a evitare le trappole e le minacce che il tessuto sociale napoletano riserva a qualsiasi imprenditore. Ci pare francamente impossibile che non siano arrivate pressioni, intimidazioni, richieste. A volte, in certi fatti di piazza legati al calcio, è sembrato vederne qualche riflesso. Ma ci fermiamo qui, perché non abbiamo niente in mano se non i nostri sospetti. Il dato è che il Napoli ha resistito a tutto questo e ciò torna a ulteriore merito di chi lo dirige. Ci resta il pensiero che quella commozione sui predatori potesse essere legata forse a questo genere di battaglie".
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