«Sì, 35 anni fa: era il Napoli di Maradona, Careca e Alemao. Quello del secondo scudetto».
Conte indossava la maglia numero 10, come il re Pibe, e lei la 9 dei centravanti.
«Bei ricordi. Antonio sapeva già cosa voleva sin da piccolo. Era predisposto a essere quello che poi sarebbe diventato: un grande giocatore e un grande allenatore».
L’ha ringraziato per quell’assist?
«Credo che in campo mi abbracciò, direi di sì. Ma quando lo vedrò, nel dubbio, gli dirò che mi deve un caffè». Ride.
Lo incontra a Lecce?
«Viene poco da queste parti, d’estate al mare. È un po’ che non ci sentiamo. All’epoca avevamo un bel rapporto. Era un ragazzo serio, perbene: finiva l’allenamento e scappava a Foggia, all’Università. Studiava».
Il suo Napoli è da scudetto?
«L’Inter è più avanti, è la più accreditata, ma il Napoli può essere l’antagonista con la Juve per il tecnico e il tifo che ha. Tra l’altro non ha le coppe, punto a favore».
Che succede al Lecce?
«Sta attraversando un periodo molto, molto negativo. Secondo me ha anche qualche calciatore sopravvalutato che non può giocare in Serie A. Ora affronterà l’avversario peggiore possibile dopo un 6-0, ma il calcio è pieno di sorprese».
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